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La vera evasione fiscale è… multinazionale

Non tutti in Italia sanno dell’esistenza di un numero telefonico anti-evasione, il 117. Eppure, recenti inchieste giornalistiche hanno rivelato che molti nostri connazionali lo conoscono e come, giacché lo compongono spesso. Contestualmente all’attuazione di una massiccia campagna governativa di lotta all’evasione fiscale, infatti, le chiamate effettuate a questo centralino gestito dalla Guardia di Finanza sono lievitate in modo esponenziale.

La nuova psicosi degli italiani: lotta all’evasione fiscale

Ma che tipo di denunce passano attraverso questa sorta di “spy-line” tutta italiana? Per esempio questa: il vicino di casa che, pur con un lavoro a basso reddito, si crogiola in qualche lusso. Oppure quest’altra: il barista che non rilascia lo scontrino per l’acquisto di cornetto e latte macchiato. I media che riportano la notizia non hanno dubbi: l’aumento di segnalazioni al 117 racconta di un senso civico finalmente manifestatosi in seno allo storicamente negligente popolo italiano. Ecco la dimostrazione di quanto efficace sia stato instillare – attraverso sinistri spot televisivi e terroristiche dichiarazioni dei tecnocrati – il seme dell’odio anti-evasori.

Evade più il barista o la multinazionale?

Lo sdegno verso il barista e il vicino di casa, tuttavia, rappresenta il lato più meschino della lotta all’evasione. Del resto, il denaro contante, quello che passa per le mani del piccolo commerciante, è solo una parte infinitesimale rispetto a quello virtuale. È dunque logico pensare che le maggiori falle d’evasione si concentrino laddove circola quest’ultimo. Ovvero, nei paraggi delle industrie multinazionali. Esperte in trucchi contabili atti ad eludere gli ispettori fiscali dei vari Paesi in cui esse operano.

Uno degli espedienti più usati a tal fine dalle multinazionali è quello di creare anzitutto una complicata rete di società affiliate, consociate e reti di vendita a livello internazionale. La seconda fase consiste poi nello spostamento dei costi nei Paesi dove la tassazione è maggiore – dunque imprese in rosso che in un determinato Paese non pagheranno tasse – portando invece gli utili in tutti quei Paesi dove il regime di tassazione è vicino, se non prossimo, allo zero. Se si pensa che il 60% del commercio mondiale passa ormai per questi monopolisti internazionali (dato dell’Osce, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico), si può immaginare il volume di evasione fiscale che le grandi aziende causano ai danni delle casse degli Stati.

L’Osce e le misure contro i grandi evasori

Mentre gli italiani si preoccupano della furbizia del barista o delle ricchezze sospette del vicino, altrove, finalmente, sembra che qualcuno si stia accorgendo del reale problema. Il quotidiano francese Le Figaro annuncia che la stessa Osce è intenzionata a promuovere iniziative tese a smantellare questa complessa rete anti-fisco messa a punto dalle lobby multinazionali.

Evasione fiscale: Governo italiano aiuta banche e multinazionali

Un segnale positivo. O, se non altro, più rassicurante di quanto sta avvenendo in Italia, dove raffiche di imposte vengono gettate sui contribuenti e le grinfie di una mai così solerte Guardia di Finanza puntano i piccoli esercizi commerciali.

Questa spietata operazione anti-evasori, tuttavia, è come una piccola rete che impiglia i pesci piccoli e lascia sfuggire gli squali della finanza. Basti pensare che la regolamentazione dell’elusione fiscale (tecnicamente chiamata anche “abuso di diritto”), introdotta dal governo nel Disegno di legge di delega fiscale, contiene alcune misure che in molti non hanno esitato a definire “un regalo a banche e multinazionali che evadono”. Oltre all’esistenza di una sorta di “condono” delle operazioni finanziarie sospette poste in essere finora, si esclude espressamente la rilevanza penale nei confronti di comportamenti ascrivibili in fattispecie abusive. L’articolo 6 del Ddl in sostanza introduce ai fini penali un discrimine tra i grandi contribuenti e tutti gli altri.

La “mela morsicata” elude il Fisco

La lista delle multinazionali, o delle grandi banche, che traggono beneficio da questa depenalizzazione nei confronti del loro truffaldino modus operandi è troppo lunga. Almeno un’azienda val la pena citarla però: la Apple, che, secondo gli esperti fiscali internazionali, nel 2011 ha pagato la miseria – si fa per dire – di 130milioni di dollari rispetto ai 13miliardi dichiarati.

Forse, quei 24mila italiani delatori, prima di compilare il numero 117, se proprio avessero voluto individuare la sorgente prima e preminente dell’evasione, avrebbero dovuto rivolgere uno sguardo non ai tasti, ma alla mela morsicata che campeggia sul loro telefonino.

di Federico Cenci

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