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Maduro: “Dialogo e rispetto per il Venezuela”

Nicolas Maduro ha chiesto “dialogo” e “rispetto” per il suo Paese tra forti critiche al suo governo, dichiarazioni di consenso, e sanzioni imposte da Trump. I due incontri di martedì dell’America Latina e dei Caraibi, uno a Lima ed uno a Caracas, hanno affrontato lo stesso argomento: la crisi venezuelana.

Nella riunione di Lima un blocco regionale di 17 Paesi in seno all’Organizzazione degli Stati Americani (Oas) ha rilasciato una dichiarazione congiunta che accusava il governo venezuelano di esercitare “la dittatura”. Hanno condannato collettivamente la “rottura dell’ordine democratico” in Venezuela e hanno dichiarato di non riconoscere alcuna azione intrapresa dall’Assemblea Costituente “illegittima” che il governo Maduro aveva spinto a stabilire. Tra i Paesi della riunione di Lima: Canada, Brasile, Argentina, Messico, Cile e Colombia.

Affrontando a Caracas una riunione straordinaria di Paesi dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli dell’America (Alba),  Maduro ha condannato le posizioni di quei Paesi in seno all’Organizzazione degli Stati Americani (Oas) che si sono espressi contro l’ordine democratico del Venezuela, come parte di ciò che ha descritto come processo “interventista” e “destabilizzante”.

“Vogliono imporre la forza schiavizzante dell’Oas, non possiamo permettere che distruggano i popoli”, ha dichiarato il presidente, riferendosi alle dichiarazioni provenienti da Paesi come la Colombia, Messico e Argentina, che hanno espresso il loro rifiuto al suo governo e all’Assemblea nazionale costituente installata il 30 luglio.

Maduro ha dichiarato inoltre: “Penso che ciò di cui manchiamo è un dialogo regionale. Vorrei proporre ad Alba e ai potenti dirigenti dei Paesi presenti di iniziare un dialogo di rispetto per il Venezuela”, proponendo di dialogare con Messico, Colombia, Perù, Cile, Paraguay e Argentina. Ha aggiunto che non era sicuro del Brasile “perché non vi esiste un governo legittimo”.

Nella riunione straordinaria del Consiglio Politico Alba di Caracas i Paesi aderenti hanno sostenuto il governo venezuelano, pubblicando una dichiarazione pubblica congratulandosi con il Venezuela e respingendo le critiche internazionali. Il Consiglio ha ribadito che le sanzioni economiche unilaterali imposte contro il popolo venezuelano, costituiscono una chiara violazione del diritto internazionale, dei diritti umani e un’applicazione interventista inaccettabile che mira solo a influenzare direttamente il popolo e il governo bolivariano del Venezuela, per realizzare in tal modo un cambiamento di regime. “Rifiutiamo sanzioni, arbitrarie e illegali, imposte dal governo degli Stati Uniti contro i cittadini venezuelani, tra cui il presidente costituzionale Nicolas Maduro”.

Il leader venezuelano ha affermato nel suo intervento martedì che dopo la costituzione dell’Assemblea in Venezuela, ci sono stati più di 12 giorni di pace assoluta nel Paese. Il presidente aveva in precedenza sostenuto che la formazione del gruppo, con il potere di riscrivere la costituzione del Paese, era l’unico modo per riportare la pace dopo mesi di agitazione politica, che è stata anche alimentata dalla difficoltà economiche del Venezuela.

L’opposizione venezuelana, tuttavia, afferma che la nuova assemblea è un tentativo di Maduro di afferrare più poteri. Gli Stati Uniti hanno anche condannato la mossa e hanno promesso di “continuare a prendere azioni forti e rapide contro gli architetti dell’autoritarismo in Venezuela”.

Sta di fatto che in Venezuela l’acuirsi del potere militarizzato ha aperto la porta a schemi di corruzione istituzionalizzata che includono l’accesso a dollari al tasso di cambio ufficiale (e quindi il cambio nel mercato parallelo con enormi profitti) o il contrabbando di benzina o di altri beni leciti e non. E peggio, la gestione di autoritarismo nello Stato è diventata caotica, con carenze alimentari, interruzioni di corrente, violenza urbana incontrollata e degrado morale del processo bolivariano. Attribuire tutto alla “guerra economica” è assurdo. Non si può spiegare perché la Bolivia e l’Ecuador sono stati in grado di gestire le loro economie ragionevolmente bene.

Nella difficile situazione venezuelana che appare un’involuzione della Rivoluzione, una retrocessione nazional-stalinista, gli Stati Uniti avrebbero i mezzi per dare il colpo di grazia al regime chavista, ad esempio interrompendo l’import di greggio dal Venezuela e l’esportazione di petrolio raffinato verso lo Stato latinoamericano.

Un Venezuela sempre più isolato diplomaticamente nell’emisfero, con un margine di manovra ridotto anche dal basso prezzo degli idrocarburi, sarebbe costretto a dipendere per la propria sopravvivenza da tre attori: la Russia, la Cina e il narco-traffico. A quel punto si realizzerebbe la “cubanizzazione” del Venezuela, sul piano interno ed internazionale, come l’arcipelago caraibico durante la guerra fredda. Ma a chi conviene?

di Cristina Amoroso

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