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Suicidi tra i giovani, un trend inquietante

Come affermò il Prof. Galimberti, durante una sua conferenza, il problema dei suicidi non riguarda più solo i Paesi del Nord Europa, dove la depressione, a causa dei prolungati inverni, la fa da padrona. I suicidi riguardano anche il “Paese del sole”, l’Italia. A testimoniare un inquietante trend ci sono i numeri.

+40% degli accessi al Pronto Soccorso riguardante gli adolescenti, di casi inerenti ai tentati suicidi. Il 70% di questo quaranta percento deriva da atti di autolesionismo e da tentativi di suicidio. Sono 387, quelli dell’ultimo anno, spinti dalle dinamiche isolazioniste del Covid. I giovani sono quelli che stanno pagando lo scotto maggiore.

Covid come detonatore

Il Covid non è stato altro che il detonatore di disagi latenti: nel 2022 le consulenze neuropsichiatriche effettuate nel pronto soccorso dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, riferimento per il Centro e per il Sud Italia, sono state 1.580. Se si dovesse guardare al 2011, il dato che emerge è ancora peggiore perché in quell’anno le consulenze furono 155. In numeri si tratta di 4 ragazzi al giorno che entrano in Pronto Soccorso per problematiche mentali. 15 anni di media, il 90% ragazze, come dinamiche vi sono depressione e disturbi d’ansia.

Cause dei suicidi

Nel 2022 le degenze per queste cause sono state 544 e 7 su 10 derivano da “idee suicidarie.” L’ospedale della capitale ha deciso di accendere un riflettore su tale fenomeno dove si nota un anticipo dell’età di esordio, ed ha delle dinamiche trasversali tra famiglie di varia provenienza. Quello che si nota è che i ragazzi sono in una forte sofferenza psicologica. Una sofferenza che andrebbe, prima di tutto, scovata a scuola.

La scuola quindi, dovrebbe capire lì dove non arriva la famiglia e poi ascoltare le richieste di aiuto che i giovani mandano. Richieste che il più delle volte trovano scarsa comprensione e insufficiente ascolto. La scuola, nonostante tutte le sue mancanze, arriva dove può con il materiale che ha. Servirebbe anche assistenza territoriale, mancano i progetti terapeutici che garantirebbero una reale assistenza ed eviterebbero le ricadute. Mancano i luoghi di aggregazione, manca una filiera che potrebbe arginare il disagio che si riscontra quando i giovani entrano in ospedale. Manca soprattutto la volontà politica di affrontare il fenomeno, una politica distante che mira ad altri obiettivi, dimenticando il benessere della popolazione più giovane e non solo.

di Sebastiano Lo Monaco

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