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Fallito in Medioriente, l’Isis si espande in Libia

Fallita la sua missione in Siria ed Iraq, l’Isis si trasferisce in Libia usandola da base per la destabilizzazione del Nord Africa. Dopo anni di guerre, i progetti per la disarticolazione del Medio Oriente e lo smembramento degli Stati sono naufragati, ma la vittoria della Resistenza nel Siraq non ferma le manovre di chi usa il Terrore come strumento per disgregare Nazioni ed espandere il proprio potere in aree sensibili; adesso, ad essere preso di mira è il Nord Africa e il quadro di equilibri mediterranei che si delinea, la Libia è la base ideale per il progetto.

Un primo tentativo c’è già stato: alcune centinaia di terroristi si erano concentrati a Sirte, saldandosi con bande locali, trafficanti e delinquenti comuni, assumendo il controllo della città e dell’entroterra. Le milizie di Misurata, appoggiate da special forces occidentali, hanno combattuto a lungo per snidarli, ma i quadri di Daesh si sono spostati nel sud del Paese, un buco nero fuori controllo e senza legge, dove spadroneggiano signori della guerra pronti a vendersi al miglior offerente.

Secondo i report di diverse intelligence, adesso, dopo quell’esperimento limitato, è in atto un massiccio trasferimento da Siria ed Iraq per creare basi, radicarsi ed espandersi in un nuovo progetto di destabilizzazione. Gli obiettivi sarebbero almeno due: continuare lo stillicidio di azioni contro l’Occidente, che giustifichi l’eterna “crociata” contro il terrorismo e i relativi interventi militari per assumere il controllo di aree strategicamente importanti; creare una solida base dove riorganizzarsi per poi proiettarsi in Egitto, Tunisia ed Algeria, Stati già fragili e pervasi da forti tensioni, facile esca per il Daesh.

Non si tratta di semplici congetture: in alcune operazioni condotte dalla Sa’ka Force, una milizia fedele al generale Haftar, sono stati trovati diversi documenti che parlano della nuova strategia di Daesh; in particolare, nell’enclave di Bossneb a ovest di Bengasi, dove gli scontri con i terroristi vanno avanti da mesi, a fine novembre in un covo è stata trovata una relazione che indica come l’Isis abbia il preciso obiettivo di creare un’area operativa nel Sud della Libia, per espandersi poi in tutto il Nord Africa, con precisi riferimenti a Egitto, Tunisia e Algeria.

Sono diverse le intelligence europee che hanno già segnalato movimenti di gruppi terroristici da Tunisia e Marocco verso la Libia; d’altronde le condizioni del Paese sono ideali per la realizzazione del piano: gli accordi di Skhirat per la formazione di un Governo provvisorio, sottoscritti in Marocco e mai entrati pienamente in vigore, sono scaduti il 17 dicembre, adesso, in un quadro da allora assai mutato (in peggio), i vari contendenti sono a un passo dal riprendere gli scontri in grande stile all’insegna del tutti contro tutti e con le potenze straniere sempre più decise a spartirsi le risorse della Libia.

Inutile tentare di tener dietro a un quadro in frantumi, occorrerebbe un libro e servirebbe a poco; è un fatto che il Fezzan, malgrado gli sforzi della diplomazia italiana, sia preda di una guerra irriducibile fra Tebù, Tuaregh, Arabi e le bande dei vari signori della guerra che si contendono il controllo del territorio e dei tanti traffici criminali da cui ricavano fiumi di denaro. A Tripoli Al-Serraj non conta nulla, ed ancor meno ora che gli accordi di Skhirat (che puntavano su di lui) sono scaduti; Misurata è stata pesantemente provata dallo sforzo per scacciare l’Isis da Sirte, e in ogni caso è ora preda di divisioni.

Resta la carta di Haftar, che controlla buona parte della Cirenaica e su cui puntano sempre più Cancellerie: all’Egitto e agli Emirati, che lo hanno sostenuto dall’inizio, col tempo si sono aggiunte Parigi e soprattutto Mosca. Non è un caso che nel complesso lavoro diplomatico portato avanti da Roma nell’ultimo anno per delineare un mosaico di alleanze in Libia, Haftar alla fine sia stato ampiamente coinvolto, anche grazie ai buoni uffici del Cairo. Ma si tratta comunque di una carta difficile da giocare, sia perché al centro di troppi interessi anche contrastanti, sia perché irriducibilmente inviso alla gran parte dei signori della guerra che si spartiscono la Libia.

In questo scenario, ipotizzare come nei vecchi accordi che l’anno prossimo possano tenersi elezioni che legittimino un qualsiasi Governo è un’illusione: mancano i presupposti ed è un’ipotesi sgradita ai tanti che dal caos hanno tutto da guadagnare. Assai più probabile che la Libia sia vittima di un’altra fiammata di violenza generale; l’uccisione del sindaco di Misurata, Ahmed Eshtewi, avvenuta proprio il 17 dicembre, è una pericolosa avvisaglia.

Quello attuale è lo scenario perfetto per i piani dei vertici dell’Isis e di chi li manovra; una Libia totalmente fuori controllo, con il Sahel già terra di nessuno, sarebbe il trampolino ideale per proiettarsi sugli Stati del Nord Africa e destabilizzarli, stravolgendo il quadro di alleanze ed equilibri che si delinea nel Sud del Mediterraneo dopo essersi già affermato a Est, ed aprendo all’ennesimo intervento militare dell’Occidente in nome dell’eterna lotta al terrorismo.

di Salvo Ardizzone

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