E’ uno specchietto per le allodole, una trappola intrigante che ha già catturato diversi giovani in assenza di intellettuali o di reali opportunità di confronto sul tema della questione mediorientale: così è stata definita la normalizzazione elettronica. Israele sta cercando di attirare la gioventù araba e lo sta facendo invadendo il cyber-spazio.
Avichay Adraee
Un milione e mezzo di arabi seguono già le pagine Facebook “Avichay Adraee”, “Israel speaks Arabic” e “Israel in Egypt”. Solo Avichay Adraee conta più di 800mila followers con livelli di interazione tra utenti e amministratori molto forti. Lo scopo di queste pagine e della spiccata interazione nei commenti è quello di far emergere frasi come “lunga vita ad Israele” o “ A nome della gente di Baghdad ci scusiamo da parte degli arabi per ciò che delle cattive persone stanno facendo”.
Israel speaks Arabic
Il numero dei follower è di 600mila invece per la pagina “istituzionale” Israel speaks Arabic, voluta per accorciare le distanze tra Israele e il mondo arabo. Anche qui è possibile notare la forte interazione tra followers e administrators e il divario insanabile tra coloro che vorrebbero la convivenza pacifica tra arabi ed ebrei e chi invece è prettamente pro-Israele.
Israel in Egypt
La terza pagina invece che vanta al suo attivo 44mila utenti, si propone come una raccolta di fatti salienti in Egitto come la visita di Tawadros ad al-Quds dopo la morte dell’arcivescovo Abraham al-Urshalimi.
La realtà è che in assenza di un confronto costruttivo nel mondo arabo e davanti alla mancata volontà di riportare fedelmente senza revisionismi la storia sionista, sempre più giovani penseranno di poter patteggiare con Israele.
di Federica Albano
