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Istat, liste d’attesa del SSN avvantaggiano privati

Istat – Il gioco al massacro, messo in piedi da anni di scelte scellerate nell’ambito del SSN, sta portando i suoi frutti. Le mancanze che si riscontrano negli ospedali pubblici sono i punti di forza della sanità privata con un unico particolare: il costo. Quello che era, in tempi non troppo lontani, il fiore all’occhiello dell’Italia, grazie agli sfracelli compiuti da tutti i governi, è diventato un colabrodo. Mancano i medici, i reparti vengono accorpati, i posti letto tagliati e il personale infermieristico ridotto all’osso.

“Out of Pocket”, questo il termine utilizzato per coloro che, non trovando posto nella sanità pubblica, convergono presso quella privata. Pagando, per chi se lo può permettere, si ottiene la prestazione richiesta nella stessa giornata. Cosa accade nel pubblico? Una risonanza magnetica, in Lombardia, ha tempi di attesa di oltre un anno. Troppo, per chiunque.

Poi entrano in gioco le regioni, le vere dominus della sanità. Gli ospedali sono in mano ai governi regionali, quindi, in Italia ci sono 21 sanità differenti, dove ogni regione agisce come meglio, o peggio crede. Cosa significa tutto ciò lo si è visto durante la fase acuta della pandemia, eppure, tutto quello che è accaduto appena tre anni fa, non lo ricorda più nessuno. Sono proprio le regioni a reclamare, allo stato centrale, le spese pandemiche non ancora ripianate; si tratta di 4 miliardi di euro ma non solo, richiedono anche un percorso di aumento dei fondi per la salute.

Istat e i freddi numeri

Nel 2021, ultimi dati disponibili, la spesa sanitaria in Italia era intorno ai 168 miliardi. Lo Stato ne finanziava il 75,6% mentre il resto era a carico del cittadino, l’out of pocket menzionato prima che corrispondeva a 35,6 miliardi di spesa. Il 2021 è stato l’anno in cui la spesa sanitaria è cresciuta di più a causa della pandemia. Se si prende in considerazione il periodo 2012-2019, la spesa pubblica è salita dello 0,8% l’anno, la spesa della famiglie del 2,1% annuo e quella assicurativa del 4,3%. Cosa ci facevano le famiglie con quei soldi? Principalmente visite e cure ambulatoriali, il 35,6%, farmaci il 29,3%, degenza ospedaliera, il 10,4%. Il trend, stando ai dati dell’Istat, è peggiorato nel 2022 visto che, la percentuale dei cittadini che ha rinunziato alle cure è tornata ai livelli pre-covid: 7% contro l’11,1% del 2021.

L’universalismo selettivo

“Tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia, emerge una barriera all’accesso costituita delle lunghe liste di attesa che, nel 2022, diventa il principale motivo di rinuncia alla prestazione medica, persino più dei motivi economici. Questo comporterà, quando si avranno tutti i dati a disposizione, un corposo aumento della spesa out pocket o di assicurazioni private”, scrive l’Istat. Quindi, chi potrà permetterselo avrà cure di qualità senza attesa. Per chi invece non avrà nessuna possibilità economica, si apriranno le porte della disastrata sanità pubblica.

di Sebastiano Lo Monaco

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