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El Boussettaoui e la cultura del disprezzo e dell’odio

La morte di Youns El Boussettaoui ha generato un’ondata di indignazione, ancora una volta, a causa della superficialità e dell’odio di chi l’ha provocata. Diverse manifestazioni in tutta Italia, infatti, stanno ricordando la vittima schierandosi a fianco della comunità marocchina italiana, specificando che l’avversione nei confronti dell’altro e la violenza non appartengono a questo Paese.

Chi era Youns El Boussettaoui?

Lo scorso 20 luglio, Musta, questo il soprannome del marocchino 39enne residente a Voghera, è stato ucciso per mano di un ex agente di polizia, Massimo Adriatici, nei pressi del bar La Versa della suddetta città lombarda. Youns era un senza tetto con una malattia psichica che a molti era evidente: spesso, infatti, i suoi atteggiamenti creavano scompiglio tra i cittadini della provincia di Pavia. Nonostante avesse una moglie e una figlia, aveva deciso di vivere per strada dopo la malattia e la perdita di alcuni familiari, avvenimenti che non hanno fatto altro che aggravare le sue condizioni di salute già precarie.

Il dolore e le difficoltà di vivere in una terra straniera e di sentirsi, in qualche modo, non sempre nel posto giusto, è sempre una croce molto pesante da sopportare. Alcuni concittadini hanno raccontato episodi molto duri di cui Youns El Boussettaoui è stato protagonista. Dalla masturbazione in pubblico, all’alcolismo, al disturbo della quiete pubblica: chiare manifestazioni di un disturbo conclamato di una vittima che andava senza dubbio assistita e curata, ma che di fatto è stata schiacciata da un sistema che fa fatica a tutelare i più deboli.

Nonostante ciò, Robino Punturiero, gestore del Cafè Cervinia di Voghera, come riportato dal Messaggero, si è espresso così «non giustifico quello che è successo in nessun modo ma questa persona non è assolutamente una vittima, le vittime lo siamo state noi nel tempo. Il problema lo dobbiamo risolvere sempre noi e come lui ce ne sono altri che vivono perennemente su queste panchine e noi non possiamo fare più il nostro lavoro, perché dobbiamo controllare che non infastidiscano i clienti».

L’assessore “sceriffo”

Massimo Adriatici, ex poliziotto in pensione ed assessore leghista, si è reso l’artefice dell’omicidio di Youns El Boussettaoui, credendo di poter impersonare una strana giustizia e di essere in grado di riportare il silenzio in città, come un eroe. In realtà, si è solo macchiato del Crimine abusando di un potere che ormai non possedeva più, ma che forse gli permetteva, ancora, di ostentare e onorare il soprannome che gli avevano dato, “lo sceriffo”. Oggi Adriatici si trova ai domiciliari in attesa di un processo e di un giudizio.

La sorella di Youns, Bahijia El Boussettaoui, dalla Francia, Paese in cui vive, è arrivata in Italia per chiedere giustizia per l’uccisione di suo fratello, dando vita a manifestazioni in tutta la Penisola.

«Aiutatemi ad avere giustizia. Lo chiedo a tutti i cittadini italiani. Non ha senso chiedersi se una persona è straniera, marocchina o se ha i documenti. Chi ha ammazzato deve essere arrestato e punito. Tutti voi avete dei fratelli, delle sorelle o delle famiglie. Chiudiamo gli occhi e cerchiamo di vedere Youns per quello che era: una persona come noi morta assassinata. Chiediamo solo giustizia. Grazie a qualcuno gli italiani stanno diventando persone insensibili. Se a morire è un marocchino o uno straniero non interessa a nessuno. Italiani lottate! Basta nascondervi! Dovete lottare per i vostri diritti. In tutti gli altri Paesi se qualcosa non va le persone escono, urlano, parlano, chiedono. Purtroppo, gli italiani non lo fanno».

Le reazioni in Italia

Nonostante l’Italia sia stata invasa da questa tragedia, le piazze che hanno visto la partecipazione attiva di alcune associazioni per l’accaduto, risultano essere sempre troppo vuote.

L’1° agosto 2021 Pescara, nonostante stesse bruciando, non si è dimenticata di Youns. Presso il Lungomare Matteotti le associazioni “Aicha e le bellezze del Marocco”, “Mediterranea Saving Humans”, “Voci di dentro” e “ANPI – Pescara” hanno tenuto ad essere presenti, a far sentire la propria vicinanza a tutta la comunità marocchina, ai familiari della vittima ma, soprattutto, hanno voluto salutare Youns El Boussettaouri con delle parole che, al posto dei fiori, sono state poste su un cartellone che simboleggiava il corpo esanime di Youns: accoglienza, fratellanza, giustizia.

Aicha Achchab, rappresentate della comunità marocchina di Chieti, ha preso la parola durante la manifestazione e si è espressa così: «Scopo della manifestazione è testimoniare che l’Italia è un Paese civile, l’Italia non è il Far West, gli italiani di vecchia e nuova generazione sono cittadini impegnati nella costruzione di Paese migliore per tutti e tutte, pretendiamo dal nostro Stato la tutela delle persone fragili facendo adeguati investimenti sulla salute mentale, la prevenzione e il contrasto della marginalità in termini sanitari, educativi, economici e culturali, e come cittadini rifiutiamo, contrastiamo e respingeremo in tutti i modi la CULTURA DELLO SCARTO, DEL DISPREZZO E DELL’ODIO in nome di un’etica del benessere».

di Marzia Cotugno

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