Capo Frasca, chi è senza peccato scagli la prima pietra
Una settimana fa il poligono di Capo Frasca è stato teatro dell’ennesima manifestazione dei movimenti antimilitaristi della Sardegna. La scelta della parola teatro non è casuale. A teatro, infatti, quello che si vede non corrisponde al vero, è solo una messinscena. Ed è così che è stata raccontata quella giornata di lotta sociale, come fosse una messinscena: da una parte l’esercito e le forze dell’ordine a difesa dell’esercito, fatto già di per se paradossale, e dall’altra i manifestanti, esagitati tiratori di sassi. Nel limbo tra questi due mondi, tutta una serie di agenti e finanzieri in borghese con il compito di monitorare e dirigere l’andamento della manifestazione.
“Abbiamo respinto un’aggressione”, riportano quotidiani locali, descrivendo la sassaiola dei pacifisti. “Dieci agenti feriti”, si legge ancora, ma nessuna notizia sui manifestanti nonostante qualcuno sia andato via con la testa rotta.
Non stupisce, certo. È una storia vecchia come le stesse manifestazioni. È importante però dare anche un racconto diverso. La versione di chi non ha tirato neanche una pietra ma in cambio ha ricevuto tante manganellate.
Capo Frasca, parla chi c’era
“Quando il corteo ha iniziato a muoversi verso le reti, lungo il percorso che era stato autorizzato, ci siamo accorti che tutte le stradine erano già presidiate da forze dell’ordine in assetto antisommossa”, racconta una manifestante, “sono stati aperti tre varchi nelle reti in tre punti diversi. Una parte del corteo faceva avanti e indietro tra i varchi e una parte è rimasta indietro disponendosi a elle. Una manifestante tenta di entrare ma viene immediatamente respinta e da quel momento iniziano le cariche”.
Cariche forti e indiscriminate, non solo sui manifestanti vicini alle reti ma anche sulla parte di corteo che si era tenuta ad almeno 150 metri di distanza. “Non c’era quasi nessuno dietro gli striscioni e palesemente nessuno era in possesso di oggetti atti a offendere. Ci hanno caricato da un momento all’altro. Sentivo solo fischi e vedevo palle bianche dopo aver ricevuto una manganellata in testa e 4 o 5 nella schiena”.
Capo Frasca, la cronistoria della manifestazione
Ore 10 – I pullman partiti da Cagliari, invece che arrivare nella destinazione prestabilita, vengono dirottati inspiegabilmente a Marceddì, proprio dove, per prescrizione stabilita dalla questura, i manifestanti non sarebbero dovuti essere e vengono accolti da numerosi mezzi di Polizia e Carabinieri che però lasciano passare indisturbati il gruppo di circa 150 persone.
Ore 11.30 – Un gruppo di circa 30 persone, si allontana dal luogo del concentramento per accompagnare un manifestante a recuperare la propria auto, parcheggiata a Sant’Antonio. Questo è stato fatto non per creare deviazioni dal percorso del corteo o di tentare di anticipare le forze dell’ordine, ma per non lasciare solo il proprietario dell’auto. Il gruppo viene bloccato e il proprietario dell’auto, accompagnato da un’altra persona, viene autorizzato a procedere oltre lo sbarramento nel momento in cui gli intenti del gruppo vengono chiariti.
Ore 12 – Il corteo parte in direzione dell’ingresso del poligono.
Ore 12.30 – I manifestanti raggiungono i cancelli e le reti della base militare. Alcuni di loro rimangono all’ingresso nello spiazzo, fronteggiati dai reparti in tenuta antisommossa, mentre altri si spargono lungo il perimetro della base, effettuando diversi tagli alle reti. I manifestanti si riuniscono davanti ai due buchi più ampi e, tra lanci di coriandoli e stelle filanti – a qualche poliziotto della celere scappa un sorriso – dopo circa un’ora di faccia a faccia con i reparti schierati all’ingresso della base, al Cagliari Social Forum viene rubato lo storico striscione ed iniziano le provocazioni da parte del vice questore Ferdinando Rossi.
Una manifestante effettua l’ingresso, compiendo niente di più che un passo in avanti verso il reparto celere. In quel momento, come è ben visibile in un video, il vicequestore, si avvicina alla manifestante brandendo il manganello e la respinge fisicamente. La folla risponde avvicinandosi al reparto celere per difenderla e prende inizio la prima carica, durante la quale gli agenti allontanano, a suon di manganellate e colpi di scudo, i manifestanti dal perimetro del poligono.
Volano le prime pietre.
Un reparto celere, inizialmente incaricato di presidiare una strada laterale, viene spostato lateralmente al gruppo dei manifestanti e, poco dopo, insieme agli altri reparti, caricano violentemente i manifestanti già precedentemente allontanati che si difendono lanciando sassi e zolle di terra.
Il vicequestore, senza casco e senza alcuna protezione, come visibile in un video, si allontana al solo scopo di colpire un manifestante ma viene subito fermato da alcuni manifestanti. Nello stesso istante, un poliziotto in tenuta antisommossa sembra praticare una simulazione di caduta in piena regola.
Sale la tensione, i reparti di polizia, carabinieri e finanzieri in tenuta antisommossa spingono e caricano a freddo il gruppo di manifestanti rimasto fuori dalle prime cariche. Durante la carica, vengono sparati anche dei lacrimogeni in mezzo alla folla e, approfittando della confusione, un manifestante viene pestato e portato via sanguinante da 3 agenti in borghese, senza che gli vengano prestate le prime cure nonostante il grondare di sangue dalla testa. Alcuni manifestanti riescono a liberarlo e portarlo di nuovo nel resto del corteo dove verrà subito medicato.
Ore 14 – Il corteo si sposta sulla SP 65 dove la polizia ordina ai manifestanti di disperdersi, cercando di fatto di impedire al corteo di proseguire sul percorso autorizzato. Il corteo viene poi lasciato passare. Il corteo attraversa Sant’Antonio di Santadi, fermandosi poco prima della strada laterale che porta alle reti del poligono.
Ore 16 – Il corteo percorre a ritroso il percorso, giungendo all’interno del paese di Sant’Antonio, dove, in Piazza della Chiesa, incontra un ulteriore sbarramento delle forze dell’ordine. Alcuni manifestanti chiedono di poter raggiungere il punto del concentramento e i propri mezzi di trasporto. Le forze dell’ordine si rifiutano di far passare il gruppo isolato di manifestanti. Dopo una breve trattativa, il resto del corteo, che non per caso segue e mette in pratica l’ormai famoso motto “SI PARTE E SI TORNA INSIEME”, decide di accompagnarli nel luogo del concentramento mattutino.
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di Irene Masala