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Brexit: vincono i “Leave” con il 52%, Gran Bretagna fuori dall’Europa

di Salvo Ardizzone

Al referendum sulla Brexit vincono i “Leave” con il 52%, il Regno Unito si prepara a uscire dalla Ue; alla notizia c’è panico sui mercati finanziari, con la Sterlina crollata ai minimi dal 1985.

Premettiamo che la sfida fra i “Remain” e i “Leave” non ci ha appassionato neanche un po’, e per molte ragioni, ma il fatto che produrrà comunque cambiamenti profondi (e non solo nel Regno Unito) ci costringe a trattarla.

Già il fatto che la contesa si sia riassunta in due numeri simbolo, la dice tutta sul suo contenuto: per i “Remain” le 4.300 sterline all’anno che secondo loro le famiglie perderebbero con la Brexit, per i “Leave” i 350 ml di sterline che hanno sostenuto risparmierebbe il Regno Unito ogni settimana. Due cifre entrambe false e bugiarde, che mostrano appieno non solo la malafede di chi le ha sbandierate, ma soprattutto le motivazioni di una contesa che ha spaccato trasversalmente la società britannica.

Al di là delle ragioni di facciata, lo scontro è stato e continua ad essere tra il blocco finanziario (finanziario, badate, assai più che economico) e i suoi interessi che hanno premuto per il “Remain”, e quello populistico che ha trovato nel “Leave” una bandiera facile da impugnare.

Il Regno Unito (ed assai più Londra e la City) ha lucrato enormemente dalla sua posizione di membro della Ue ma non appartenente all’Eurozona; la sua piazza finanziaria si è posta come tramite con il più grande mercato mondiale senza dover sottostare alle regole della Bce. Per questo banche, fondi, assicurazioni ed altre istituzioni finanziarie hanno prosperato a dismisura attirando capitali da tutto il mondo; capitali che da un canto applicano le regole permissive della City, ma dall’altro possono agire a pieno titolo nella Ue.

Di qui l’enorme sviluppo di quei comparti e gli utili colossali delle grandi società, utili che sono rifluiti sull’establishment e, in qualche misura, su una fascia ristretta della società, soprattutto nella vasta area di Londra.

Ma la grande fascia sociale dello scontento di chi è tagliato fuori dai luccichii bugiardi della globalizzazione, è rimasta senza rappresentanza. Il Labour Party per troppo tempo ha rinnegato le sue origini e con Blair e i suoi tanti epigoni s’è trastullato col liberismo più esasperato; solo da poco Corbyn ne ha preso le redini ed ha contro l’establishment di un partito abituato a flirtare con i poteri forti che dovrebbe contrastare.

Per questo un elettorato scontento, abbandonato e privo di riferimenti solidi ha seguito i pifferai del populismo, che in nome dell’egoismo e del ritorno ad un passato dipinto come roseo (non lo è mai stato), lucrano sulle insicurezze e la paura della gente. Un meccanismo in atto in tutta Europa, dove il crollo dei valori veri ha lasciato il posto a bandiere bugiarde che la gente è disposta a seguire in mancanza d’altro.

L’uscita dalla Ue sarà per il Regno Unito un disastro perché sulla finanza e ciò che la circonda i suoi governanti hanno costruito l’attuale economia del Paese. La sterlina andrà a rotoli (e lo si vede già) e i tanti attuali “amici” e “partner” (vedi Usa ma anche la Cina) perderanno ogni interesse per una Gran Bretagna tornata solo una piccola isola. Insomma, buttandosi in braccio a politici che sul loro disagio vogliono erigere il proprio piedistallo, i cittadini britannici pagheranno (tanto) le scelte di un establishment che per decenni ha puntato a lucrare su una rendita di posizione.

Di contra, rimanere avrebbe rappresentato un successo per quelle istituzioni che hanno fatto della finanza (finanza, non economia che è ben altra cosa) l’unico scopo del Paese. Anche in questo caso, per le fasce più disagiate nulla sarebbe cambiato, anzi, sarebbe stata la conferma di politiche che fanno esplodere diseguaglianze, lavori dequalificanti e sotto pagati, disoccupazione. Questi sarebbero gli obiettivi di una battaglia vera, che gli alfieri del “Leave” si sono guardati bene dall’intraprendere.

In poche parole, il referendum è stata un’ignobile alternativa costruita da un sistema profondamente ingiusto, e il suo risultato non inciderà minimamente sulle storture che spaccano una società basata sulla sperequazione.

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