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Anna Politkovskaja, un esempio per la nuova Russia

di Salvo Ardizzone

Anna Politkovskaja era una giornalista russa; denunciava a viso aperto la deriva autoritaria impressa allo Stato da Vladimir Putin, le malefatte e la corruzione degli oligarchi, le stragi, le ruberie e gli abusi commessi durante la sporca guerra di Cecenia. Nell’ottobre del 2006, a Mosca, una pistola mise a tacere per sempre quella voce coraggiosa che disturbava il potere.

Ci fu un primo processo, poco più che una farsa; dei mandanti non si parlò neppure, furono inquisiti Lom Alì Gaitukayev (collegato alla mafia cecena) e i suoi tre nipoti Rustam, Ibragim e Dzhabrail Machmudov, oltre all’allora dirigente della polizia moscovita Sergehi Khadzhikurbanov. Furono assolti per insufficienza di prove, ma la Corte Suprema annullò la sentenza per vizi procedurali talmente gravi da non poterne fare a meno.

La famiglia della vittima non si rassegnò e ottenne che il processo bis fosse unificato all’inchiesta sul mandante e sul presunto killer (Rustam) che finalmente era stato catturato.

Il 20 maggio, superando depistaggi, lungaggini e infiniti ostacoli, una giuria popolare ha finalmente dichiarato la colpevolezza di Gaitukayev nell’aver organizzato il delitto e dei tre nipoti per avervi partecipato insieme all’ex dirigente Khadzhikurbanov. In un processo stralcio, un altro ex poliziotto, Dmitri Pavliuchenkov, è stato condannato a 11 anni di carcere duro per aver contribuito ad organizzare l’omicidio.

Stabilita la colpevolezza, ora il giudice dovrà comminare le pene, segnando la fine di una vicenda dolorosa e sporca ma tutt’altro che chiarita. Quella che emerge dal processo è una misera parte della verità: un gruppo di delinquenti ceceni, con misteriose coperture in alto loco, hanno organizzato un delitto per loro senza senso e senza scopo. Ovviamente, i veri colpevoli, i mandanti, quelli a cui interessava far tacere una voce scomoda e ammonire tanti altri, sono rimasti senza volto.

Da anni la giovane democrazia russa scade in un sempre più marcato autoritarismo, nascosto sotto il manto di un orgoglio imperiale riesumato per raccattare il consenso; nel frattempo gli oligarchi spadroneggiano indisturbati e i più elementari diritti civili messi in discussione, mentre le voci di dissenso vengono colpite sempre più duramente. Ci auguriamo che l’esempio della Politkovskaja possa servire a scuotere dalla rassegnazione.

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