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Amazon, le linee d’ombra dietro al boom

Amazon si potrebbe definire il nuovo archetipo del capitalismo, un capitalismo digitale, diverso nelle forme ma non nella sostanza. Se qualche anno addietro l’emblema del capitalismo lo si trovava nella Coca Cola o nei panini del Mc Donald, adesso lo si ha a portata di un clic. È un gesto semplice quello che più o meno abbiamo compiuto tutti, cliccare sul mouse, scegliere un articolo, pagarlo senza usare contanti e vederselo recapitare nel giro di 24 ore quando va male.

Eppure, dietro quel semplice gesto che si compie vi è un mondo ai più sconosciuto, un mondo che permette all’utente di trovare merce a costo minore, di non uscire di casa e di avere la comodità di guardare le vetrine di un fantomatico negozio dal divano di casa. Per fare ciò, è necessario che qualcuno, da qualche altra parte, faccia “il lavoro sporco”, ossia che si faccia trovare pronto in qualsiasi giorno dell’anno e a qualsiasi ora del giorno con tutto quello che comporta soprattutto nell’epoca Covid.

Si respira aria da Covid-19 negli stabilimenti Amazon perché i lavoratori si trovano ad affrontare grandi rischi per la loro salute tanto da far muovere Amnesty International che in occasione dell’ultimo Black Friday ha presentato un report molto dettagliato che racconta il rapporto tra il colosso dell’e-commerce e i sindacati. Le nazioni prese in esame sono Francia, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti.

“Make Amazon Pay”, Fare pagare Amazon”, è questa la campagna lanciata da Amnesty International. “Nel 2019, Amazon ha pagato solo l’1,2 per cento dell’imposta federale sul reddito negli Stati Uniti, il Paese in cui ha sede, rispetto allo zero per cento dei due anni precedenti”, denuncia Amnesty International. Oltre alle tasse l’appello chiede all’azienda di pagare i lavoratori e regolare il suo impatto sull’ambiente.

Natale senza Amazon

Anche l’Italia si è data da fare con la manifestazione dinnanzi al centro di distribuzione di Colleferro in provincia di Roma, manifestazione che aveva l’obiettivo di denunciare il modello consumistico in vista del Black Friday e del periodo natalizio. I manifestanti invitavano l’utenza ad acquistare dai negozi di prossimità appoggiando la petizione francese #NataleSenzaAmazon. la risposta della multinazionale non si è fatta attendere: “Amazon a livello globale e in vista sia del BlackFriday che del Natale, verserà oltre 500 milioni di dollari (2,5 miliardi nel 2020) per straordinari ai dipendenti del settore logistico e i dipendenti dei fornitori inclusi i corrieri che si occupano delle consegne.

In Italia sono 300 euro lordi se impiegati a tempo pieno, il 20% in più rispetto al salario lordo mensile per chi lavora part-time. L’annuncio può essere inteso anche come uno degli effetti della campagna globale a sostegno dei lavoratori. Quest’anno l’azienda ha annunciato la creazione di 175mila nuovi posti di lavoro part-time, 125mila dei quali sarebbero stati trasformati in dipendenti a tempo pieno. Ha raddoppiato l’utile netto annuale a 5,2 miliardi di dollari, rispetto ai 2,6 miliardi del 2019. Quattro miliardi sarebbero stati spesi «per aiutare a mantenere i dipendenti al sicuro dal Covid”.

Sembra una battaglia contro il più classico dei mulini a vento perché le armi spuntate dei sindacati poco possono dinnanzi al fuoco di sbarramento di un colosso delle dimensioni di Amazon. Ad intervenire dovrebbe essere la politica con azioni serie e decise atte a mettere con le spalle al muro multinazionali come Amazon e Google che, in primis, dovrebbero pagare le tasse nel Paese in cui si trovano ad agire. Una battaglia da condurre sul campo europeo, un terreno comune perché singolarmente si andrebbe a sbattere, ma sino adesso nessuna voce si è alzata.

di Sebastiano Lo Monaco

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