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Yemen, Italia complice di un genocidio

In Yemen, per antonomasia il Paese della morte, è in corso una guerra sanguinosa dalla notte del 25 marzo 2015 quando una coalizione guidata dall’Arabia Saudita, nel tentativo di riportare al potere il deposto presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi suo fedele alleato, iniziò una brutale campagna di bombardamenti contro il popolo yemenita. Complice di questa feroce aggressione militare, tra gli altri, campeggia anche l’Italia per la vendita di armi micidiali vendute al regime Saud.

La grande ipocrisia: inchieste sul traffico d’armi tra Italia e Arabia Saudita

Non possiamo dire di non sapere. Persino il pubblico della Rai lo sa, visto che varie Tv, dalla Tv di Stato a Mediaset a La 7 hanno trasmesso documentari e inchieste incentrati sulla fabbrica italiana di armi Rwm a Domusnova, in Sardegna, filiale della tedesca a Rheinmetall (“il metallo del Reno”), uno dei colossi tedeschi nella produzione di armamenti.

Fin dalla prima inchiesta trasmessa sabato 3 dicembre 2018 da Rainews24 risultava chiaro che la Rwm lavorava per conto della casa madre tedesca Rheinmetall, che attraverso le sue filiali all’estero esportava armi in Arabia Saudita, eludendo la legislazione nazionale. Questa triangolazione vedeva anche la complicità di aziende anglo-americane: documenti esclusivi dimostravano la loro mediazione negli accordi diretti tra il governo italiano e quello saudita. L’azienda tedesca e la capofila americana del contratto scaricavano tutte le colpe sulla filiale e sul governo italiano. Una posizione ipocrita che però non cancella le responsabilità delle autorità del nostro Paese. L’esportazione di bombe da parte di Rwm viola la legislazione italiana, in particolare la legge 185 del 1990 art.1 comma 6, che vieta il commercio di armi verso Paesi in stato di conflitto i cui governi sono responsabili di violazioni dei diritti umani. Nel caso dell’Arabia Saudita queste violazioni sono state accertate dall’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani in un Report del 2016 e più volte il Parlamento europeo ha votato l’interruzione dell’esportazione di armi verso questo Paese. Ciononostante l’Italia continua a concedere autorizzazioni, l’ultima commessa risale al 2018 per la vendita di armi: A4447 è il numero inciso sulle bombe italiane, da 500 a 2mila libbre.

I servizi di Mediaset sulla guerra in Yemen dal 2016

Dal febbraio del 2016 molti servizi di Giulia Innocenzi hanno parlato della guerra in Yemen dimostrando che alcune bombe erano prodotte in Italia, mostrando alcuni ordigni inesplosi ritrovati in Yemen in mezzo alle case colpite, ordigni che avevano stampigliato il numero 15, che nei codici della Nato identifica l’Italia, e in più un altro codice di riconoscimento A4447, la targa internazionale dell’azienda che le ha costruite.

Nell’ottobre dello stesso anno hanno fatto vedere come dei caccia Eurofighter provenienti dalla Gran Bretagna avevano fatto scalo all’aeroporto di Bologna prima di seguire la loro destinazione finale l’Arabia Saudita. La cosa singolare era che, nonostante ci fosse scritto chiaramente Royal Saudi Air Force, non erano caccia sauditi ma aerei con targhe inglesi. Quindi quei caccia, assemblati in Inghilterra, sono stati venduti all’Arabia Saudita. Ma per potergli far fare scalo in Italia, precisamente a Bologna, li hanno fatti viaggiare con documenti inglesi.

In un’altra inchiesta hanno filmato dei mezzi blindati che da Livorno venivano imbarcati su delle navi della compagnia Lgl Liberty Global Logistics. Basta fare un giro sul loro sito internet per capire che da diversi anni hanno una tratta fissa che partendo dal Texas arriva negli Emirati Arabi passando proprio da Livorno per le esigenze della base americana di Camp Darby. I mezzi blindati filmati dalle telecamere si chiamano Navistar Maxxpro, e corrispondono a quelli venduti dagli Stati Uniti agli Emirati Arabi. Questo significherebbe che i mezzi destinati a un Paese in guerra transiterebbero per l’Italia in violazione della nostra stessa legge, la 185 del 1990. Ma non è tutto. La Cnn ha scoperto che alcuni di quei mezzi blindati venduti agli Emirati Arabi sono finiti nelle mani dei terroristi di Al-Qaeda in Yemen.

Le armi italiane in Yemen inchiesta La7

Da più organizzazioni locali e internazionali sono arrivati continui appelli per la fine del conflitto, dopoché il Senato americano ha votato la fine del sostegno degli Stati Uniti alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita nella guerra in Yemen, la più grave catastrofe umanitaria contemporanea. Il popolo italiano ha potuto vedere in televisione giovedì scorso un’altra inchiesta esclusiva, quella di Alessandra Buccini, “Le armi italiane in Yemen” nel programma Piazza Pulita sulle bombe che partono dall’azienda Rwm in Sardegna per l’Arabia Saudita, e sulla posizione del governo italiano  relativa alle esportazioni degli armamenti negli interventi dell’attuale sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano e dell’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni.

Nulla di nuovo. Nel 2018 il totale dell’esportazione italiana di armamenti è stata pari a 5,2 miliardi con una riduzione del 54% rispetto all’anno precedente. Nella convinzione che è sbagliato pensare che si possa risolvere il problema dello Yemen interrompendo le esportazioni italiane mentre invece servirebbero “moratorie europee”. Anche se l’Italia portasse a zero la sua esportazione, i francesi, i britannici e i tedeschi esporterebbero in quota maggiore senza dunque avere una soluzione al problema.

Per concludere: il primo ministro Conte ha dichiarato che il governo è contrario alla vendita delle armi all’Arabia Saudita che finiscono per colpire i civili in Yemen, aggiungendo che occorreva solo formalizzare la decisione. Ma la formalizzazione non è mai avvenuta. Per questo Giulia Innocenzi è andata a chiedere conto al ministro degli Esteri Enzo Moavero, che è colui a cui spetta la decisione finale. Il capo della Farnesina si è rifiutato di rispondere. Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta invece, ai microfoni de Le Iene, ha detto che è “un’indecenza” che il nostro Paese possa essere complice nella carneficina in corso, e che ha mandato una lettera per sollecitare il ministro Moavero a prendere provvedimenti. Ma alla domanda della Iena, che le segnala invece che il sottosegretario agli Esteri Picchi della Lega è intervenuto contro il divieto alla vendita di armi, la Trenta ha detto: “Fa parte di un governo”. Come sempre, la politica italiana si distingue per omertà e sudditanza.

di Cristina Amoroso

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