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Welfare State resiste all’onda xenofoba del nord Europa

Il Welfare State, punta di diamante delle politiche socialdemocratiche del nord Europa è uscito integro, anche se un po’ ammaccato, dalle ultime elezioni che si sono tenute in Svezia, patria del welfare. Dopo le elezioni nei Paesi Bassi, Norvegia e Finlandia dove i partiti xenofobi pensavano di sfondare e ricevere la maggioranza dei voti, si è avuta una strenua resistenza delle politiche di accoglienza anche se i partiti di destra hanno eguagliato i partiti socialdemocratici.

Welfare-StateIl nome che è andato per la maggiore negli ultimi tempi è stato quello di Jimmie Akesson, leader dei Democratici Svedesi arrivati terzi alle elezioni legislative tenutesi il 9 di Settembre in Svezia con il 17% dei voti; se il risultato appare corposo, bisogna anche ammettere che i Sd partivano da una base del 14% con un boom ottenuto nel periodo lontano dall’ondata migratoria dell’ultimo anno che vede la Svezia in testa alla classifica delle nazioni che ospita più migranti, fatte le dovute proporzioni con la percentuale degli abitanti.

In ogni caso, il 17% ottenuto dal partito di Akesson lancia un chiaro segnale: la crescita c’è stata ma non così forte come si aspettavano i maggiorenti del partito ed i suoi omologhi europei francesi ed italiani; il segnale è che il vento xenofobo non ha attecchito in Svezia.

Nel 2017, si sono tenute le elezioni nei Paesi Bassi, Paese che della tolleranza e dell’accoglienza ha i tratti distintivi sin da quando filosofi e pensatori chiedevano rifugio dalle grinfie dell’inquisizione e dove i libri venivano tranquillamente pubblicati, mentre in altre nazioni si mettevano all’indice; le elezioni del 2017 sono state uno spartiacque per l’Olanda in quanto il Partito per le Libertà (Pvv) di Gert Wilders non è riuscito ad ottenere più del 13% delle preferenze, stessa dinamica in Norvegia altra nazione patria dell’accoglienza e del welfare, il Partito del Progresso (FrP) che è all’interno della coalizione di governo ha perso consenso attestandosi al 15%, quando nel 2009 era al 23%, risultato similare che si può riscontrare anche nelle elezioni finlandesi dove il partito dei Veri Finlandesi (Ps) è al di sotto del 7%

Nel Nord Europa si assiste ad un’inversione di tendenza dove il voto popolare respinge l’avanzata dell’estrema destra, ma perché accade ciò?

La prima ed istintiva risposta è quella che si tratta di Paesi molto ricchi, con un tenore di vita molto alto, con un basso numero di abitanti. La Svezia, che è quella con più abitanti (11 milioni), ma si tratta solo di impressioni primarie; innegabile il connubio offerto dal Welfare State che non ha eguali nel resto del mondo e dei servizi che vengono offerti ai cittadini. Si tratta anche di nazioni dove il peso fiscale è molto alto e l’evasione quasi del tutto assente. “La qualità si paga” potrebbe essere il motto dei Paesi nordici dove assistenza sanitaria, istruzione gratuita sino all’università, assistenza sociale capillare portano il cittadino all’accettazione della pesantissima pressione fiscale necessaria per mantenere la qualità dei settori in questioni. In tutti i Paesi della Scandinavia la spesa sociale copre non meno del 30% del Pil nazionale, a dimostrazione dell’attenzione che tutti i partiti politici hanno un solo interesse che è quello di mantenere alta la qualità dei servizi offerti.

Altro aspetto che senza di esso non potrebbe rendere effettivo quello della qualità dei servizi è la lotta all’evasione fiscale; bassissima in tutti i Paesi del blocco scandinavo che si accompagna anche ad un attenta redistribuzione del reddito, il tutto per rispecchiare l’elevato pluralismo e l’indice di sviluppo umano. Fa riflettere il fatto che Finlandia, Norvegia, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca risultino essere nella Top ten della World Happiness Report, a dimostrazione che una popolazione felice ha difficoltà a far attecchire i germi del populismo e del razzismo.

Ma l’incubo è il 17% ottenuto da Democratici Svedesi; il terreno anche nella patria felix sta diventando fertile per le forze xenofobe, soprattutto a causa dell’immigrazione che sta cambiando radicalmente la struttura etnica della Scandinavia: se Salvini in Italia e la le Pen in Francia si auspicavano una vittoria di Akesson, sta nel fatto che la Svezia nell’ultimo decennio ha accolto 230mila rifugiati e questi nel solo 2016, se si pensa che nel 2012 si arrivava a stento a 90mila unità; in molti casi il welfare si è dimostrato insufficiente, non ha impedito la crescita della disoccupazione e non ha permesso l’integrazione di chi è stato accolto costringendolo a rinchiudersi in quartieri ghetto.

Stesso malanimo si è registrato in Finlandia e Norvegia dove molti hanno affermato che gli immigrati attratti dal welfare prediligono recarsi nei Paesi scandinavi per godere di tali privilegi. Molti di questi Stati si sono risvegliati improvvisamente da un sonno beato e si sono riscoperti una realtà multietnica, ma l’improvvisazione può facilitare la nascita di movimenti xenofobi che, impauriti di perdere il proprio status, minacciati da chi ritenuto diverso da loro, come prima cosa tendono a respingere chi viene visto come “invasore”, arrivando come nel caso della Svezia anche ad ondate di violenza con raid punitivi verso i quartieri ghetto.

di Sebastiano Lo Monaco

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