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Show di Renzi al Vertice di Bruxelles

A Bruxelles, al Consiglio dei Capi di Stato e di Governo, Renzi si è giocato tutto per la sua sopravvivenza. Il Vertice doveva sancire, come al solito, gli accordi già presi con Hollande ed il Primo Ministro inglese Theresa May (invitata per l’occasione) sull’inasprimento dei rapporti con la Russia, e sul recepimento del Ceta (il trattato commerciale con il Canada, che è una sorta di Ttip in sedicesimo). Ma Renzi, spinto dalle sue esigenze elettorali, le uniche a cui obbedisce, ha sparigliato i giochi rivoluzionando l’agenda di Bruxelles, e il veto della Vallonia sul Ceta ha fatto il resto.

RenziMerkel, dopo aver negoziato con Hollande e May, e con il pieno appoggio del polacco Tusk, aveva già preparato la bozza del testo finale del Consiglio, in cui si prospettavano nuove sanzioni se Mosca non avesse interrotto i bombardamenti in Siria. Renzi si è messo alla testa del malumore che serpeggiava in diversi Paesi (come Spagna e Austria), si è intestato lo scontro ed ha ottenuto la cancellazione di ogni riferimento a nuove sanzioni. Un modo per rivendicare autonomia dopo la ridicola sceneggiata con Obama, tentando di ricollocare l’Italia a mezza strada fra Washington e Mosca, ma facendo infuriare Berlino ed i Paesi del Nord.

E non è finita: a Bruxelles, a margine del Vertice, Renzi doveva incontrare Juncker per discutere una pessima legge finanziaria, zeppa di misure una tantum, sfacciate mance preelettorali, incrementi del debito e che sfora i parametri già concessi. Ha voluto snobbarlo platealmente pur sapendo di essere in torto marcio, sostenendo bruscamente che quella è la migliore manovra dal 2007 e che non la cambierà.

Il motivo di tanta spocchia sta tutto nel Referendum del 4 dicembre: sa che l’Europa di Bruxelles, quella dei poteri tradizionali (e gli Usa dietro, da cui ha avuto la fresca benedizione a Washington), punta su di lui per evitare che una sua caduta apra scenari per lei incontrollabili.

Conta su questo, sul bisogno che quei poteri forti hanno di lui per una stabilità che puntelli lo status quo, e sono costretti ad appoggiarlo anche se a denti stretti. Ma questo, e lo sa bene, non significa affatto che la sua manovra preelettorale sia avallata, e il suo ricatto, neanche mascherato, irrita Bruxelles. È già pronta una lettera della Commissione Ue che chiede chiarimenti su tanti punti critici, autentici trucchi da magliari. Ma il fatto è che fra spiegazioni, chiarimenti e colloqui, la Commissione darà il suo parere dopo il Referendum, permettendo a Renzi di sventolare il suo successo fino ad allora, salvo vedersi respinta la manovra ad urne ormai chiuse.

D’altronde, Bruxelles ha prestato troppe volte il fianco, e Renzi ha avuto gioco facile ad ottenere che nel documento finale del Vertice venisse esplicitamente citato il consistente contributo dei Paesi in prima linea sulla rotta dei migranti nel Mediterraneo centrale, ovvero l’Italia. Pezze d’appoggio da spendere nei negoziati sul deficit.

Infine, per concludere il suo show, Renzi ha riaperto il recente caso dell’Unesco, definendo “un errore allucinante” l’astensione dell’Italia sulla mozione sui luoghi santi di Gerusalemme, con la minaccia di rompere, se necessario, con la Ue e ricevendo a stretto giro i ringraziamenti telefonici di Netanyahu.

Per avere la massima visibilità, al Vertice di Bruxelles Renzi ha tirato la corda su tutti i temi, contando sulla necessità che gli altri hanno di lui per mantenere l’attuale sistema di potere, ma firmando al contempo una serie di cambiali, che gli verranno presentate con gli interessi nella malaugurata ipotesi che dovesse superare il Referendum del 4 dicembre, e che ricadranno tutte sull’Italia.

La Ue, a Bruxelles, nel suo complesso, ha dato l’ennesima dimostrazione d’inconsistenza: una congrega di Paesi senz’anima, manovrati a piacimento dagli interessi più cinici, senza la minima parvenza di una politica né tanto meno di valori condivisi.

E l’ennesima dimostrazione è stata che per affossare il Ceta, l’accordo commerciale fra Canada ed Europa ricalcato per vasta parte sulla sciagurata impalcatura del Ttip, è stato necessario il veto della Vallonia, una delle tre Regioni in cui è diviso il Belgio, che con il suo No ha costretto il suo Governo centrale ad opporsi alla ratifica.

Una Ue come questa, un simile ectoplasma, serve solo come discutibile palcoscenico per guitti come Renzi, o alle manovre degli egoismi dei potenti. Peggio che a nulla.

di Salvo Ardizzone

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