Libia, perché Usa e Nato l’hanno distrutta
Gli Stati Uniti e i loro alleati sono responsabili della distruzione completa della Libia, il Paese più ricco con il più alto tenore di vita in Africa. Lo afferma Walt Peretto, scrittore, ricercatore e analista politico a Washington: “Prima dell’invasione della Libia nel 2011, che ha portato all’assassinio di Muammar Gheddafi e alla destabilizzazione del suo Paese, la Libia aveva goduto di uno dei più alti standard di vita nel continente africano”.
Il principale crimine, sostiene Peretto, nella percezione delle élite finanziarie globali è stato l’annuncio da parte di Gheddafi di aver pianificato di creare una nuova valuta che sarebbe stata sostenuta dall’oro destabilizzando potenzialmente altre valute, il fiat money, moneta cartacea a base fiat e priva di significative basi materiali. Mentre la Libia era stata apertamente oggetto di invasione da parte delle nazioni del blocco occidentale, l’annuncio di Gheddafi pose un’invasione della Libia in cima alla lista delle priorità. Ne scaturì un caos che culminò nel famigerato incidente di Bengasi dove un diplomatico americano e tre associati furono brutalmente uccisi dopo che il Dipartimento di Stato americano guidato da Hillary Clinton reagì in un modo che sembrava come minimo irresponsabile. Da allora non c’è stata alcuna presenza diplomatica ufficiale degli Stati Uniti in Libia.
Undici anni dopo il rovesciamento di Muammar Gheddafi, la Libia è ancora alle prese con l’insicurezza crescente mentre il Paese è stato testimone di numerosi scontri tra forze governative e gruppi di milizie rivali. Gli ex ribelli si rifiutano di deporre le armi nonostante gli sforzi del governo centrale di imporre la legge e l’ordine.
La distruzione scellerata della Libia
Il 19 marzo 2011 iniziava la guerra contro la Libia diretta dagli Stati Uniti prima tramite il Comando Africa, poi tramite la Nato sotto comando Usa. In sette mesi, vennero effettuate circa 10mila missioni di attacco aereo con decine di migliaia di bombe e missili. A questa guerra partecipò l’Italia con cacciabombardieri e basi aeree, stracciando il Trattato di amicizia e cooperazione tra i due Paesi. La Sicilia fu la principale base della guerra con cui la Nato demolì lo Stato libico, una guerra iniziata finanziando e armando in Libia settori tribali e gruppi ostili al governo di Tripoli e infiltrando forze speciali, tra cui migliaia di commandos del Qatar camuffati da “ribelli libici”.
L’Italia, per volontà di un vasto arco politico dalla destra alla sinistra, partecipò alla guerra non solo con la propria aeronautica e marina, ma mettendo a disposizione delle forze Usa/Nato le seguenti basi aeree: Trapani, Sigonella, Pantelleria, Gioia del Colle, Amendola, Decimomannu e Aviano.
Con la guerra del 2011 la Nato demolì quello Stato che, sulla sponda sud del Mediterraneo di fronte all’Italia, aveva raggiunto, pur con notevoli disparità interne, “alti livelli di crescita economica” (come documentava nel 2010 la stessa Banca Mondiale), superiori a quelli degli altri Paesi africani. Allo stesso tempo la Libia rese possibile, con i suoi fondi sovrani, la nascita in Africa di organismi economici indipendenti e di una moneta africana. Usa e Francia – provano le mail della segretaria di Stato Hillary Clinton – si erano accordati per bloccare anzitutto il piano di Gheddafi di creare una moneta africana, in alternativa al dollaro e al franco Cfa imposto dalla Francia a 14 ex colonie africane.
Un Paese nel caos
Demolito lo Stato e assassinato Gheddafi, nella situazione caotica che ne è seguita è iniziata, sul piano internazionale e interno, una lotta al coltello per la spartizione di un enorme bottino: le riserve petrolifere, le maggiori dell’Africa, e di gas naturale; l’immensa falda nubiana di acqua fossile, l’oro bianco in prospettiva più prezioso dell’oro nero; lo stesso territorio libico di primaria importanza geostrategica; i fondi sovrani, circa 150 miliardi di dollari investiti all’estero dallo Stato libico, “congelati” nel 2011 nelle maggiori banche europee e statunitensi, in altre parole rapinati. La Libia è divenuta la principale via di transito, in mano a trafficanti e manovratori internazionali, di un caotico flusso migratorio che nel Mediterraneo ha provocato più vittime delle bombe Nato del 2011.
Le conseguenze di questa tragedia umana continuano a farsi sentire nel presente e continueranno nel futuro del nostro Paese.
di Cristina Amoroso