Uranio: vittime silenziose di una guerra invisibile
L’uranio continua a mietere vittime silenziosamente. Ovviamente è impossibile individuare con certezza le cause della malattia, che possono variare dalla genetica all’alimentazione. La Sardegna è una delle regioni italiane maggiormente colpite.
Da tempo si parla della Sindrome di Quirra, niente di diverso dalla Sindrome dei Balcani che ha già mietuto numerose vittime tra i militari e gli abitanti del posto. “Dal 2001, anno della denuncia del sindaco di Villaputzu Antonio Pili, è in corso un tentativo di ridimensionare l’impatto sanitario delle esercitazioni militari. Spesso, inoltre, dai professori arrivano perizie discutibili, basti pensare che Mario Mariani, perito del Gup Nicola Clivio nell’ambito del processo di Quirra, scrive di non essere stato in grado di recuperare un capo ovino nei dintorni della base.
Nella realtà, invece, si continua a morire”, con queste parole Mariella Cao, esponente del comitato Gettiamo le Basi che da anni si occupa delle varie questioni correlate all’occupazione militare, fa riferimento a quanti tentano di minimizzare l’impatto che le esercitazioni militari hanno sull’ambiente e la salute umana e animale.
Uranio e anomalie
In ciò può anche essere riscontrata la motivazione che ha spinto diverse famiglie a rifiutare di costituirsi parte civile nei vari processi voluti dal procuratore Domenico Fiordalisi. Nella relazione effettuata dall’Arpas, agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna, si legge che “nelle zone D ed E del poligono di Quirra, si riscontrano anomalie dell’uranio, del torio e del tungsteno non spiegabili naturalmente”. Il tema è complesso ed è difficile arrivare a un’analisi oggettiva della situazione, sia dal punto di vista scientifico che socio politico. L’unico fatto tangibile e inopinabile sono i morti, che in qualche modo sono relazionati con le attività militari.
Fa specie l’indifferenza dell’Esercito e della società italiana, che non vedono o fanno finta di non vedere questo male invisibile legato alle polveri sottili.
L’elenco delle vittime da uranio è lungo, e non si limita solo ai militari e ai civili che continuano ad ammalarsi di leucemie e patologie tumorali di ogni genere. A pagarne il prezzo sono anche i figli di quei militari e di quei civili, molti dei quali nascono con gravi malformazioni, nel paese di Escalaplano nei primi anni del 2000 ci sono stati 14 casi di malformazioni genetiche su 2.600 abitanti, o con tumori infantili. Un capitano dell’Aeronautica ha sollevato la questione chiedendo perché il figlio, concepito dopo sei anni di servizio nel Pisq, sia morto di tumore al rene a 30 giorni dalla nascita. Numerosi anche i casi di aborti registrati tra le mogli dei soldati a cui era affidato il compito delle bonifiche dei terreni nei Balcani. A quanto pare il prezzo per la sicurezza è molto più alto di quel che si pensa.
di Irene Masala