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Uranio impoverito: ancora morti tra i militari italiani

Un caporal maggiore di 40 anni, Luigi Sorrentino, è l’ultima vittima in ordine di tempo della falcidia che l’uranio impoverito sta continuando a mietere tra i militari dell’Esercito Italiano.

Uranio-impoveritoIl caporal maggiore Sorrentino però non è morto a causa della leucemia che lo aveva colpito a seguito dell’esposizione all’uranio impoverito nelle decine di missioni all’estero che aveva all’attivo. Si è impiccato, nel suo appartamento di Torino dopo aver ricevuto il rifiuto di reintegro nell’esercito e dopo aver fatto ricorso al Tar del Piemonte per causa di servizio, proprio per la terribile malattia che lo aveva colpito al ritorno delle missioni in zone come Kosovo e Afghanistan.

Un’altra vittima, seppur indiretta, di una vicenda che fino ad oggi ha causato la morte di 340 militari e ne ha fatti ammalare oltre 7600. Uno scandalo tutto italiano che ha determinato la costruzione del più classico dei muri di gomma dietro al quale si trincerano i vertici militari e politici, veri responsabili di quella che viene tristemente conosciuta come “sindrome dei Balcani”.

Negli anni, nonostante resistenze e tentativi d’insabbiamento a vari livelli, si sono comunque succedute sentenze favorevoli, nel senso di un riconosciuto nesso di causalità tra la malattia, le morti e l’esposizione al micidiale elemento radioattivo contenuto nelle munizioni in dotazione ai nostri militari in missione.

Da ultimo, una Commissione parlamentare d’inchiesta ha gettato una sinistra luce sul negazionismo degli ambienti di vertice militari e politici e sulla poca incidenza della magistratura penale che, fatti salvi sporadici casi, non ha adeguatamente tenuto conto della tutela della salute dei militari, contribuendo a generare quel diffuso senso d’impunità con il quale continuano ad operare i responsabili della Difesa.

Impunità che negli anni, a partire dalle prime storiche denunce pubbliche, si è concretizzata in veri e propri atti di ostruzionismo, di vessazioni e minacce contro chi aveva servito il proprio Paese ed aveva avuto l’imperdonabile colpa di ammalarsi, fino a morire, dopo aver creduto alle rassicurazioni dei diretti superiori. Servitori di uno Stato figlicida, arrogante, impenitente ed impunito, in grado di lavarsi le mani come un Pilato qualsiasi, ma non nell’acqua, bensì nel sangue di chi si era appuntato sul petto il tricolore e ne aveva fatto una questione di fede, oltreché di sostentamento e vita.

Un atteggiamento irresponsabile che non riguarda solo l’Esercito, ma anche altri settori come quello dei Vigili del Fuoco o della Polizia di Stato, costretti ad operare a contatto con materiali letali come l’amianto, presente in navi, aerei ed elicotteri. Numerosi infatti sono i casi di operatori ammalati di asbestosi o malattie correlate.

di Massimo Caruso

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