Umiliata e vilipesa, l’Italia ringrazia l’Europa
Avete mai visto, cari lettori, un uomo che, dopo aver subito una rapina ed aver dato i soldi sotto minaccia di una pistola, successivamente ringrazia il rapinatore per non averlo ucciso con tanto di sorriso ed abbracci?
E’ quello che in questo momento sta facendo il governo italiano: dopo che l’Ue ha aperto la procedura di infrazione per lo sforamento del rapporto deficit/Pil del nostro Paese, dopo che Bruxelles e Francoforte hanno tenuto sotto scacco l’Italia, di fatto commissariandola e spazzando via ogni pretesa di sovranità popolare e non, dopo i “sacrifici” chiesti agli italiani ed ottenuti al prezzo del sangue dei suicidi e della serenità di famiglie sconvolte dalle politiche di austerity effettuate specialmente dal “fidato” Monti, adesso tutti esultano e ringraziano l’Europa per aver chiuso la procedura di infrazione.
Dai media, ai politici, dalle televisioni ai siti internet, tutti coloro che hanno interesse a mantenere a galla questo sistema, non stanno perdendo tempo ad enfatizzare il “successo” della chiusura dell’infrazione, quasi come se i tecnocrati europei abbiano fatto un favore all’Italia e siano stati troppo benevoli con il nostro Paese.
Dopo aver depauperato ogni residuo di speranza di uscita immediata dalla crisi, dopo aver ridotto sul lastrico milioni di persone, dopo la perdita di innumerevoli posti di lavoro, adesso si sbandiera la fine della procedura: “Ci sono nuove opportunità per il nostro Paese – dichiara il premier Letta – Adesso l’Europa ci permetterà di liberare nuove risorse, ma non da subito, bensì dal 2014”.
Tutte queste risorse, di cui parla Letta, è bene ricordarlo, sono somme, cifre, soldi, sottratti agli italiani, sono fondi che, per esempio, non hanno più ricevuto gli enti locali per garantire servizi collettivi o per poter costruire nuove infrastrutture; sono soldi quindi, spesso vitali per la sopravvivenza del sistema Paese in Italia, bloccati o congelati dall’Europa sotto una stretta infernale che ha fatto iniziare un autentico incubo in tutto lo stivale.
Si fa presto a commemorare Falcone e Borsellino, se poi si obbedisce, di fatto, ad un sistema ricattatorio molto simile a quello che i corleonesi imposero nella Palermo degli anni ’80; infatti, il ragionamento di Bruxelles, è tanto semplice quanto spietato: se sfori anche di poco, ti leviamo i soldi per tre anni, ti imponiamo scelte impopolari, non permettiamo la spesa neanche in caso di necessità di sopravvivenza, a patto che ti conformi alle direttive e poi dopo, se i compitini sono fatti, allora a poco a poco si allenta la morsa.
Eccolo il criterio della democratica Europa unita, che adesso, dopo aver sbattuto in faccia qualche risorsa in più allo stesso modo di come si sbatte in faccia un piccolo contributo ad un barbone, assegna all’Italia sei obblighi per non ripiombare tra i “dannati”: si parla, tra questi obblighi, di riforme del mercato del lavoro.
“L’Italia deve essere più flessibile” si ripete da più parti tra gli austeri palazzi del finto potere unitario europeo di Bruxelles; in poche parole, adesso il nostro Paese, secondo non solo l’Europa, ma anche a chi c’è dietro questa fantomatica istituzione extraparlamentare, deve conformarsi ad un mercato del lavoro più accomodante verso le multinazionali. Quando si legge che l’Italia ancora non è adatta a creare nuovi investimenti esteri, non si dice altro che ancora il welfare state è troppo d’impiccio, che bisogna fare cioè ulteriori “sforzi” affinché venga del tutto eliminato e, come sta succedendo già in Grecia, cinesi, banchieri e speculatori possano comprarsi pezzo dopo pezzo il nostro Paese.
Che poi, come si dice da parecchio tempo, è il vero obiettivo per il quale queste crisi è stata indotta a partire dal 2007, a coronamento di un progetto che parte proprio dall’unione monetaria del vecchio continente: unire più Paesi dal diverso assetto economico, far perdere loro la sovranità monetaria, poi indurre così a tappeto una crisi, la quale servirà come trampolino per creare un’Europa conforme al nuovo ordine mondiale, grazie anche ad una classe politica decisamente onnisciente.
Non è casuale poi, che giusto adesso si sbandieri in ogni angolo la fine della procedura di infrazione: in Italia, come nel resto d’Europa, l’insofferenza verso la moneta unica aumenta; i cittadini, iniziano a prendersela non solo contro i politici locali, ma anche a maledire la bandiera blu con le dodici stelle dorate e dunque adesso si vuol dimostrare la “benevolenza” delle istituzioni comunitarie e far gridare alla fine dell’austerity.
In realtà, a fronte di qualche palliativo utile a distrarre i cittadini, la morsa europea diventa sempre più pressante: da un sistema che non ha guardato in faccia la sofferenza di padri di famiglia, di gente senza lavoro e di bambini svenuti a scuola per malnutrizione, non ci si può aspettare né una svolta né un qualcosa di positivo per i sempre più tartassati cittadini.