Ucraina: elezioni farsa in un Paese al collasso
I cosiddetti partiti “europeisti” hanno vinto le elezioni in Ucraina, ma solo un personaggio come Manuel Barroso, che finalmente vediamo sparire dalla scena, poteva felicitarsi per l’accaduto: quella è stata una vittoria dai frutti velenosi, che la dice lunga sulla situazione del Paese.
Intanto la percentuale dei votanti, il 52,42%, è stata troppo bassa per una Nazione chiamata ad una svolta, e smaschera la menzogna, passata ossessivamente da troppi media, che dietro Euromaidan ci fosse l’Ucraina intera; nella realtà il Paese era diviso da ben prima di Yanukovich, e quella spaccatura è stata più che mai allargata dai fiumi di sangue e dalle violenze che sono seguite al colpo di Stato di febbraio. Ma non s’è trattato solo dell’astensionismo dei filo-russi; anche all’Ovest e nella stessa Kiev l’affluenza è stata deludente (nella capitale, culla delle manifestazioni, neanche il 56%) perché la gente comincia a riflettere sul dopo.
Fra quel mezzo Paese che ha votato, Poroshenko, l’oligarca fattosi presidente, non è andato oltre il 22%, mancando clamorosamente le aspettative, e l’ex primo ministro Yatsenjuk gli si è fermato a pari; entrambi non hanno convinto ed ora dovranno formare una coalizione con altri partiti, rendendo ancora più difficile la gestione di quello che sarà il peggior inverno dell’era post sovietica.
Inflazione in crescita, prodotto interno in caduta libera, riserve valutarie azzerate, tagli a spese sociali ed occupazione (anche di dipendenti pubblici), aumento delle tasse e dei prezzi di gas e gasolio da riscaldamento: uno scenario da incubo aggravato dalle leggi folli varate prima delle elezioni che prevedevano, fra l’altro, l’”epurazione” di centinaia di migliaia di dipendenti pubblici perché “vicini” al precedente regime. A completamento del disastro, l’immancabile programma imposto dal Fmi in stile Grecia (e peggio). A breve, la situazione già difficilissima da sé, aggravata dalle misure degli “europeisti”, morderà a sangue una società impreparata e inefficiente, da sempre adagiata su corruzione e assistenzialismo.
Inoltre, con la Rada controllata da partiti nazionalisti, composti spesso da estremisti irresponsabili quanto impreparati, nel migliore dei casi utili marionette per i maneggi di Washington o Berlino, sarà difficilissimo negoziare una soluzione sensata con Mosca, che metta fine a una crisi senza sbocchi e ponga i presupposti per ricostruire un Paese spaccato e in larga parte devastato. Già, all’Est, si odono di nuovo le cannonate di chi gioca al tanto peggio tanto meglio, utile idiota o criminale manovrato da chi tira le fila fa lontano perché la tensione si mantenga alta.
Allora, sotto i colpi della realtà, il già esitante consenso a Poroshenko e compagni si squaglierà, lasciando gli Ucraini con i loro guai, gli oligarchi più potenti che mai e una crisi fuori controllo ai confini della Ue. Non male per la meschina ottusità dei governanti europei, che continuano a scegliere di farsi manovrare da oltre oceano, piuttosto che seguire gli interessi dei loro Paesi.