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Turchia tra crisi economica e veti

Dallo scoppio del conflitto in Ucraina, la Turchia è balzata agli onori della cronaca per le posizioni che ha assunto nei confronti delle due nazioni belligeranti. Erdogan si è posto, sin da subito, come il “pacificatore” tra Putin e Zelenski, ha proposto il territorio turco come suolo nel quale far svolgere un eventuale incontro tra i due presidenti. Erdogan ha anche giocato un ruolo ambiguo, visto che l’Ucraina usufruisce dei potenti droni che gli ha venduto proprio Ankara. 

Nelle ultime settimane, sempre Erdogan, ha occupato le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Il motivo? La Turchia è l’unica nazione, al momento, ad aver detto No all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. La causa principale di questo diniego è che il 20 Maggio, il presidente turco ha accusato Finlandia e Svezia di “ospitare a casa loro i terroristi curdi”.

Nei giorni successivi si è aggiunta una nuova motivazione menzionata dal ministro degli Esteri Cavusoglu: l’embargo militare emesso da Stoccolma nel 2019 a causa delle operazioni nel nord della Siria. Formazioni come Ypg, sostenute da Usa, Francia, Svezia, Finlandia e Italia, sono considerate da Ankara “organizzazioni terroristiche”, così come da sempre è definito “terrorista” il Pkk.

Turchia, il vero problema è interno

Nel gioco sporco delle complicità, Russia e Usa permettono alla Turchia di colpire questi gruppi invadendo i territori della Siria del nord. Questo è il gioco che sta attuando Erdogan: chiedere il conto di quanto accaduto sino adesso, ricattare gli eventuali, nuovi, alleati della Nato ed entrare in trattativa. Un progetto che Erdogan si venderebbe in Turchia come un successo da sbandierare, un’arma politica che potrebbe servire a mascherare il vero problema attuale: la crisi economica.

Stando agli ultimi dati, l’inflazione in Turchia ha superato il 60%, ma per gli osservatori indipendenti si assesterebbe intorno al 150%, questo perché, è giusto ricordarlo, stiamo parlando di una “democratura” e non di una vera e propria democrazia.

La disoccupazione, altro grave problema, è intorno al 12% ma anche qui vi sono altri pareri: per i sindacati sarebbe intorno al 22%. Il sondaggio della Fondazione Adenauer stima che il 70% dei giovani è senza speranza per il futuro e vorrebbe andar via. La Turchia è immersa in una crisi economica profonda che il governo e gli organi di stampa ignorano del tutto.

Il ricatto verso la Finlandia e la Svezia, quindi, va visto in un’ottica di più ampio respiro. La candidatura di due delle nazioni più ricche d’Europa potrebbe essere, per Erdogan ed i suoi sodali, l’occasione per cercare di risolvere dei problemi che, sino adesso, sono sembrati irrisolvibili.

di Sebastiano Lo Monaco

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