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Turchia, Erdogan non ferma il giro di vite

di Cinzia Palmacci

Le autorità turche hanno riferito di aver emesso mandati d’arresto per 47 giornalisti.

Ankara continua il giro di vite su larga scala e tutti pensano sia collegato con il supporto al recente tentativo di colpo di Stato. Le autorità hanno emesso i mandati di detenzione per alcuni giornalisti, tra cui il celebre commentatore ed ex parlamentare Nazli Ilicak. Più di 60mila soldati, agenti di polizia, giudici, insegnanti, funzionari e altri sono stati sospesi dai loro posti di lavoro, o arrestati o posti sotto inchiesta. I funzionari governativi hanno dichiarato che avrebbero ripristinato la pena di morte, che è stata annullata in Turchia nel 2004 con riforme volte all’adesione all’Unione Europea. Nel frattempo, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato che eventuali negoziati di adesione con la Turchia sarebbero stati fermati se Ankara avesse ripristinato la pena di morte.

Credo che la Turchia, nel suo stato attuale, non è in grado di diventare un membro delle Unione Europea né nel breve periodo né nel lungo periodo“, ha affermato Juncker lunedì scorso alla televisione francese France 2.  Il tentativo di golpe è iniziato durante la notte del 15 luglio, quando i soldati ribelli hanno dichiarato di avere il controllo del Paese e l’amministrazione di Ankara non era più in carica. Più di 300 persone sono state uccise in entrambi gli schieramenti, pro e contro Erdogan.

Per realizzare la sua “nuova Turchia”, Erdogan è disposto a comprimere la democrazia, allontanandosi definitivamente dal Vecchio continente. Probabilmente, viste le resistenze incontrate, a Erdogan non interessa più neanche di entrare in Europa, non vuole perderci tempo. Ormai è acqua passata. Così si comporta da “sultano” e, come sua prima regola, oltre ai sogni di grandezza, c’è quella di non lasciare in pace gli avversari-nemici più “pericolosi”. In realtà, dietro questa ondata di arresti ci sarebbe il timore mai fugato di Erdogan che dietro ogni tentativo di rovesciamento del suo governo ci possa essere Fethullah Gulen, predicatore e politologo turco che dal 1999 vive negli Stati Uniti, fermo oppositore della politica repressiva di Erdogan e fautore di una visione moderata dell’Islam. Per lui Islam e democrazia sono compatibili e dunque si è sempre detto favorevole all’ampliamento della democrazia in Turchia. A quanto sembra, la durissima battaglia politica in Turchia non si combatte solo con le elezioni ma anche a colpi di repressioni violente e arresti di giornalisti più o meno schierati. Una battaglia senza esclusione di colpi.

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