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Turchia: 400mila bambini siriani privati dell’istruzione

di Lucia Colandrea

Human Rights Watch ha lanciato un appello alle autorità turche affinché intervengano per assicurare l’istruzione a centinaia di migliaia di bambini siriani che, secondo l’ultimo report, non hanno accesso all’istruzione primaria.

La Turchia ospita attualmente più di due milioni di rifugiati siriani. Nel Settembre del 2014 il governo ha approvato un provvedimento che consente a tutti i rifugiati siriani registrati l’accesso alle scuole pubbliche turche. Il Ministero dell’Istruzione ha anche offerto ai siriani che non conoscono il turco l’opportunità di intraprendere l’istruzione in arabo in centri temporanei accreditati. Tuttavia, secondo i dati forniti da Human Rights Watch, sono circa 400mila ancora i bambini che per diverse ragioni non possono andare a scuola.

Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, durante l’anno scolastico 2014-15, 212mila bambini hanno frequentato la scuola. Cioè meno di un terzo del numero totale di bambini siriani che vivono in Turchia. Il problema è particolarmente grave al di fuori dei campi profughi dove la scolarizzazione è limitata al 25% dei bambini. Il report di Hrw si basa sui dati raccolti dopo aver intervistato 136 siriani che vivono fuori dai campi profughi. Alcuni dei bambini intervistati hanno perso quattro anni di scuola, altri a scuola non ci sono mai andati.

“Quando mi immagino il mio futuro, non vedo nulla”, afferma la sedicenne Rasha che non ha potuto iscriversi a scuola una volta arrivata in Turchia, nell’Agosto 2013, perché non aveva i documenti e non sapeva parlare turco.

Oltre alla lingua, a scoraggiare i siriani ci sono degli ostacoli economici e sociali. L’iscrizione alla scuola pubblica comporta dei costi che la maggior parte delle famiglie non può sostenere: materiale scolastico, attività aggiuntive o altro. Anche i centri di istruzione temporanea continuano ad essere fuori dalla portata della maggior parte delle famiglie a causa delle tasse di iscrizione e i costi di trasporto. Lo sfruttamento dei lavoratori siriani, costretti a lavorare in nero in Turchia, costringe molte famiglie a dover contare anche sul lavoro dei propri bambini che, quindi, non possono andare a scuola.

La difficoltà ad integrarsi con i coetanei turchi e gli episodi di bullismo spesso obbligano i bambini a rinunciare all’idea di frequentare la scuola pubblica. E’ il caso della dodicenne Fatima, vittima di bullismo da parte dei suoi coetanei. Fatima ha perso un anno di scuola a causa della guerra e, quando si è iscritta a scuola in Turchia, l’anno scorso, è stata messa con bambini di tre anni più piccoli. Dopo un anno passato a sopportare le prepotenze e gli insulti dei suoi coetanei perché è siriana e perché è più grande di loro, ha deciso che l’anno prossimo non andrà più a scuola, nonostante il tentativo di suo padre di convincerla a non mollare.

Il futuro di un’intera generazione è a rischio. Senza la possibilità di andare a scuola e privati della speranza di costruirsi un futuro migliore, molti potrebbero ritornare in patria o mettersi in viaggio per l’Europa. La mancata scolarizzazione dei bambini inoltre li renderebbe facile preda dei gruppi armati e degli estremisti e faciliterebbe i matrimoni precoci, secondo Hrw.

In base ai dati dell’Unicef, la guerra ha annullato i progressi fatti in Siria nell’ambito dell’istruzione nel corso di un decennio. Con un tasso di frequenza alla scuola primaria pari al 97% prima del conflitto la Siria aveva raggiunto una scolarizzazione primaria quasi universale. Oggi quasi tre milioni di bimbi siriani in Siria o all’estero non vanno a scuola.

Human Rights Watch si rivolge alle autorità turche a cui chiede un maggiore impegno per assicurare il rispetto delle normative nazionali in materia di istruzione a livello locale, ed eliminare gli ostacoli che impediscono ai siriani di andare a scuola in Turchia.

E’ necessario intervenire rapidamente per salvare il futuro dei siriani e dotarli dei mezzi per poter affrontare le sfide future in Siria o nei Paesi che li hanno accolti.

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