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Trump e il sogno messianico sionista

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non solo è un sostenitore tradizionale di Israele, ma è andato oltre, proponendo piani e idee per politiche che la stessa Washington ha storicamente ostacolato.

In una svolta inaspettata, il movimento messianico sionista si è ritrovato al centro della politica americana dopo che il presidente Donald Trump ha adottato idee che fino a poco tempo fa erano considerate fantasie estremiste.

Nemmeno i più ottimisti esponenti della destra avrebbero potuto immaginare che lo scenario dello sfollamento di massa dei palestinesi e dell’annessione completa dei territori occupati potesse ricevere un sostegno esplicito da parte della Casa Bianca. Ma Trump, che ha capovolto tutte le equazioni politiche, ha trasformato l’impossibile in realtà e la fantasia in una politica praticabile. 

I sionisti messianici, una fazione estremista all’interno del movimento sionista, hanno sempre cercato di realizzare il progetto del “Grande Israele” con ogni mezzo, incluso lo sfollamento forzato dei palestinesi e l’imposizione della sovranità israeliana sull’intero territorio della Palestina storica.

Trump ed estremismo evangelico

Sebbene questo movimento godesse del sostegno di gruppi evangelici estremisti americani, per decenni è stato trattato come un caso marginale anche all’interno della politica israeliana, poiché i successivi governi israeliani erano consapevoli del pericolo di promuovere apertamente questo progetto, anche quando il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, dichiarò la necessità di sfollare i palestinesi da Gaza all’inizio della guerra nell’ottobre 2023, ciò scatenò una forte tempesta di condanne e accuse di pulizia etnica contro il governo israeliano, e l’amministrazione dell’ex presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, chiese un chiarimento ufficiale al governo israeliano, il cui primo ministro Benjamin Netanyahu rinnegò rapidamente l’idea dello sfollamento.

Ma con l’avvento di Trump, l’equazione è cambiata radicalmente. Il presidente Trump non è solo un tradizionale sostenitore di Israele, ma è andato oltre. Lo sfollamento dei palestinesi contraddice la soluzione dei “due Stati” che Washington ha adottato negli ultimi anni, ma Trump, che ha trasferito l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme e ha riconosciuto la sovranità israeliana sul Golan, è una figura inaspettata. Tuttavia, la trasformazione non è avvenuta dal nulla, ma riflette piuttosto un’alleanza ideologica tra l’estrema destra israeliana e i gruppi evangelici americani, che credono che l’istituzione di un “Grande Israele” sia una condizione per l’adempimento delle profezie religiose sul ritorno di Cristo.

Trump tra strategia politica e fanatismo religioso

Pertanto, il sostegno di Trump ai progetti di annessione e di sfollamento non è stato semplicemente una mossa politica, ma è stato legato a una visione di puro fanatismo religioso in cui Israele gioca un ruolo centrale.

Tuttavia, le dimensioni complete di questo cambiamento nella politica di Trump proveniente dal campo della finanza e del commercio non possono essere comprese senza fare riferimento alle motivazioni economiche, così come i piani di sfollamento a Gaza non possono essere compresi senza collegare gli interessi americani con la dimensione economica e geostrategica della Striscia di Gaza.

Gaza ostacolo ai principali progetti americani e israeliani nella regione

È chiaro che la geopolitica ha reso Gaza un ostacolo ai principali progetti americani e israeliani nella regione, in particolare:

1 – Il progetto americano Silk Road, che mira a creare un corridoio commerciale globale che colleghi il Medio Oriente al mondo attraverso un’infrastruttura avanzata, poiché Gaza è considerata un’area non sicura, il che minaccia la stabilità di questo progetto.

2 – Progetto di sviluppo del Negev: Israele si sta concentrando sullo sviluppo della regione del Negev, che costituisce circa il 60% della sua superficie, con l’obiettivo di rafforzare gli insediamenti e le infrastrutture in questa regione desertica, il che contribuirà ad aumentare il numero di residenti ebrei, rafforzando così la sicurezza e la presenza militare israeliana nel Negev. Ciò avviene tramite la creazione di linee terrestri e ferroviarie che si estendono da Eilat ai porti del Mediterraneo. Si tratta di un progetto strategico per Israele, ma affronta minacce alla sicurezza se Gaza rimane abitata da palestinesi.

3 – Il progetto israeliano per collegare il Mar Rosso e il Mar Mediterraneo (Canale Ben Gurion): mira a creare una via d’acqua che colleghi il porto di Eilat sul Mar Rosso e il porto di Ashdod sul Mar Mediterraneo. Questo progetto è visto come una potenziale alternativa al Canale di Suez egiziano, che potrebbe dare a Israele il controllo strategico sulla navigazione tra i due mari, rafforzando il suo controllo sul commercio internazionale, oltre al contributo del canale ai progetti di generazione di energia e di desalinizzazione dell’acqua.

4 – Progetti israeliani di estrazione di gas dal Mar Mediterraneo: Israele ha enormi giacimenti di gas nel Mar Mediterraneo, in particolare i giacimenti di Leviathan, Tamar e Karish, che sono la principale fonte di energia per Israele e le sue esportazioni verso l’Europa. Per quanto riguarda il giacimento Mari-B, che è uno dei giacimenti che sono stati parzialmente esauriti, si trova a soli 30 km dalla costa di Gaza, il che lo mette a rischio da qualsiasi escalation della sicurezza nella Striscia.

A ciò si aggiunge il giacimento di Gaza Marine, a 30 km da Gaza, che ha una riserva stimata di 1 trilione di piedi cubi di gas, ma è rimasto inutilizzato a causa delle restrizioni imposte da Israele ai palestinesi.

La Resistenza minaccia per Israele

Sebbene Leviathan e Tamar si trovino nel nord della Palestina occupata, i razzi lanciati dalla Resistenza palestinese minacciano le infrastrutture del gas, poiché in passato sono state prese di mira le piattaforme del gas vicino ad Ashkelon, per non parlare del fatto che Gaza rappresenta un ostacolo geopolitico ai piani di esportazione del gas israeliano in Europa attraverso l’Egitto o direttamente attraverso il Mar Mediterraneo.

Tutti questi fattori hanno fatto sì che il cambiamento della realtà demografica della Striscia di Gaza diventasse una richiesta strategica, non solo per il movimento messianico sionista, ma anche per gli ambienti economici e politici di Washington e Tel Aviv. 

Quindi, le recenti dichiarazioni di Trump sulla necessità di “evacuare” la popolazione palestinese dalla Striscia di Gaza non sono state un semplice lapsus, ma si inseriscono nel contesto di un orientamento politico, ideologico ed economico integrato, volto a imporre una nuova realtà a Gaza e nella regione.

di Redazione

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