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Trump all’Aipac divide l’opinione pubblica

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di Irene Masala

Donald Trump, candidato per la corsa alla Casa Bianca, ha portato i suoi ormai famosi slogan xenofobi davanti a un pubblico particolare, quello dell’Aipac, American Israel Pubblic Affairs Commettee vale a dire la più potente lobby ebraica del mondo con sede a Washington.

Trump ha rivolto l’invito a tutti i concorrenti alle elezioni presidenziali di novembre, dall’ex first lady Hillary Clinton a Ted Cruz, passando per John Kasich e Paul Ryan. L’unico che ha declinato l’invito di uno dei gruppi di potere con più peso nelle politiche degli Stati Uniti, secondo solo alla National Rifle Association, la lobby che difende il diritto di ogni cittadino al possesso di armi, è stato Bernie Sanders. Rifiuto che assume ancora più valore date le origini ebraiche del candidato democratico, sebbene velato dietro ovvi impegni legati alla fittissima campagna elettorale.

Mentre l’assenza di Sanders non è certo passata inosservata, la presenza di Trump ha generato reazioni forti e opposte sia tra gli ebrei americani sia tra gli israeliani. “La mia priorità numero uno è smantellare l’accordo con l’Iran e rivedere il rapporto con la Nato che costa troppo”, esordisce il magnate americano che prosegue manifestando la volontà di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Punto su cui peraltro vi è unità d’intenti anche tra Cruz e Kasich. Meno esposta la Clinton che si mantiene ferma sulla necessità di combattere i fanatismi di qualunque genere. Tutti seguono però una sorta di copione scritto ad hoc: dalla memoria dell’Olocausto all’emozione provata durante il primo viaggio in Israele, dal particolare rapporto che unisce i due Stati alleati al fatto che non vi sia altra democrazia in Medio Oriente al di fuori di quella israeliana. E tutti i discorsi fanno perno su un punto ben preciso: “la sicurezza di Israele non è in alcun modo negoziabile”. Dimenticando forse che non lo è mai stata dal 1948, anno di nascita dello stato ebraico.

Nonostante gli evidenti sforzi di Trump nei confronti della sua platea, una parte di pubblico non è riuscita comunque a mandar giù le sentenze nazional-popolari dell’immobiliarista. “Concedendo a Trump un palco senza prendere una posizione sulle sue parole d’odio, l’Aipac sta contribuendo ad alimentare la discordia, e questo è l’errore cruciale che sta commettendo”, ha commentato il direttore del Jewish Journal Robe Eshman, rimarcando come i valori perorati dal candidato repubblicano siano diametralmente opposti rispetto a quelli ideali del popolo ebraico.

Anche il web si è mosso in chiave anti Trump, con un petizione per chiedere all’Aipac di ritirare l’invito.

Il sostegno a Israele rimane come sempre un tema centrale nelle primarie americane, ma questa volta grazie a Trump è stato toccato l’apice: la stessa persona che ha proposto di bandire i musulmani dal territorio americano si è detta pronta ad assumere la guida dei negoziati tra israeliani e palestinesi in qualità arbitro imparziale. E su questa affermazione anche i 18.000 ebrei americani presenti all’Aipac non hanno potuto evitare di storcere il naso per l’odor di retorica e populismo.

Source: +972Mag

 

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