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Terremoto in Nepal: bilancio di morti in aumento, crisi umanitaria e siti storici in macerie

di Cristina Amoroso

Ancora momentaneo è il bilancio delle vittime del terremoto di magnitudo 7.9 Richter che sabato 25 aprile si è abbattuto sul Nepal devastando la Valle di Kathmandu. Sono oltre 5mila le vittime comunicate dal Centro Nazionale di Emergenza Nepalese, tra cui anche 20 alpinisti, che, riuniti in Nepal a inizio stagione per tentare scalate al Monte Everest, hanno perso la vita in una valanga innescata dalla scossa. Si contano i morti anche in India (66), in Tibet (25) e in Cina (17). Quasi 11mila i feriti nel disastro naturale, mentre si continua a scavare tra le macerie alla ricerca di sopravvissuti.

Bilancio destinato a crescere  in quanto non si può affermare quanti corpi siano sepolti sotto i numerosi edifici crollati. Nel frattempo, il primo ministro nepalese Sushil Koirala ha avvertito che il bilancio delle vittime potrebbe arrivare a 10mila.

Tra le vittime accertate anche 4 italiani: due speleologi le cui vite sono state portate via dalla valanga di neve, sassi e ghiaccio che dopo il sisma ha sepolto il villaggio di Langtang, a nord di Katmandu, mentre altri due sono morti travolti da una frana staccatasi dalla montagna mentre erano impegnati a 3.500 metri di quota in un trekking nella Rolwaling Valley, sul monte Everest. Finora sono stati rintracciati 347 italiani, mentre mancano all’appello altri cinque connazionali, ancora “irreperibili”.

Forze dell’esercito stanno trasferendo kit medici, cibo, bottiglie d’acqua, riso e coperte nel distretto di Gorkha, circa 100 chilometri a nord ovest di Kathmandu, che è stato l’epicentro del terremoto mortale del 25 aprile. Tuttavia, le precipitazioni e le condizioni climatiche avverse hanno reso difficile per gli elicotteri atterrare in alcune zone. Funzionari di Gorkha dicono che il 90 per cento delle persone nelle aree rurali sono state colpite dal sisma. Molti hanno perso le loro case e non hanno accesso al cibo perché sono stati isolati dalle frane.

Le Nazioni Unite hanno stimato che circa 8milioni di persone in tutto il Nepal sono state colpite dal terremoto e che più di 1,4 milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare.

Dopo la fortissima prima scossa di magnitudo 7.9 Richter di sabato, sono state 45 le repliche superiori a 4.5 gradi e 15 quelle sopra 6.5 gradi in una replica sismica che, insieme alle precipitazioni non sono di aiuto al soccorritori e alla popolazione dei 30 – su 75 – distretti colpiti dal grave sisma. Migliaia di bambini e di famiglie stanno dormendo in strada e in accampamenti di fortuna, nonostante le fredde temperature notturne e le forti piogge, con alto rischio di ipotermia.

Il terremoto ha inoltre spostato il terreno sotto l’area di Kathmandu fino a tre metri verso sud, mentre l’Everest dovrebbe essere rimasto della stessa altezza, lo affermano alcuni esperti internazionali citati dal sito del Guardian.

Il terremoto ha poi distrutto, oltre le vite, anche i tesori architettonici della Valle di Kathmandu, la Torre Dharahara e il tempio Kasthamandap tra i siti storici ridotti in macerie, che a partire dagli anni sessanta erano divenuti una meta molto popolare per turisti occidentali e sosta obbligata per i seguaci della cultura hippy. Santuari del Patrimonio Mondiale dell’Unesco e centinaia di altri monumenti squisiti, sculture, templi artistici e magnifica arte – ricordi del periodo d’oro dell’architettura del Nepal.

Anche se gli esperti sono fiduciosi che alcuni edifici possano essere ripristinati e portano come esempio la Torre Dharahara, simbolo del Nepal, ricostruita dopo i terremoti del 1833 e del 1934. La preoccupazione più pressante, ovviamente, è la crisi umanitaria. Con il tempo ci sarà una valutazione di quello che si è perso di edifici storici e se possono essere ricostruiti.

Il Prof. Michael Hutt, direttore del Sud Asia Institute presso Soas (School of Oriental and African Studies) di Londra e autore di un libro sull’arte e l’architettura della valle di  Kathmandu, ha dichiarato: “La ricostruzione sarà un compito immane. Spero di vederla nella mia vita, ma ci vorrà un po’ di tempo, e sarà necessario mettere a disposizione fondi per il Nepal, perché il Nepal non ha i soldi per farla da solo”, aggiungendo poi : “Il Nepal è un luogo disperato politicamente: molto fragile, con scarse risorse e fortemente dipendente dagli aiuti internazionali. Le risorse non sono disponibili per fare questo lavoro di restauro e avranno bisogno di molto aiuto”.

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