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L’unita sudamericana, la principale eredità politica di Chavez

di Mauro Indelicato

In attesa delle nuove elezioni in Venezuela, le prima del dopo Chavez, una eredità del fondatore della rivoluzione bolivariana sembra essere già chiara e consolidata, ossia un ritrovato fondamento unitario del continente sudamericano.

Un angolo di mondo, quello a sud del canale di Panama, da sempre litigioso e terreno fertile per speculatori e multinazionali di turno, oggi invece è animato da un fermento unitario mai visto prima, che si rifà a Simon Bolivar, colui che teorizzava la “grande patria” continentale, capace di unire in unico stato Colombia, Ecuador, Perù e proprio il Venezuela.

Ma oltre a Bolivar, un altro ispiratore della politica continentale di Chavez è sicuramente Norberto Cerasole, uno delle più importanti e brillanti menti del Sudamerica; argentino, tra i più importanti strateghi di politica internazionale, Ceresole ha sempre definito il Sudamerica come una squallida “periferia dell’Occidente”.

Morto nel 2003, lo studioso argentino ha fatto in tempo ad assistere e collaborare appieno con quel Movimento Quinta Repubblica, che ha rappresentato nel 1998 la novità politica più importante degli ultimi anni, non solo per il Venezuela, ma per tutto il sub continente.

Con Chavez si conobbe nel 1995, l’anno dopo il tentato colpo di stato venezuelano; da quel momento in poi, il leader bolivariano ha sempre avuto al suo fianco proprio Ceresole e la propria politica estera ed interna è stata fortemente influenzata dalle teorie moderne e scaltre dell’argentino.

Colpisce, proprio per fare alcuni esempi, la vicinanza di Chavez con il regime iraniano, lontano diversi chilometri dal sud America e che, in apparenza, poco o nulla sembra avere a che fare con il progetto di unione sudamericana; invece, andando a leggere gli scritti di Ceresole, si nota come lo studioso è letteralmente affascinato dal mondo sciita, dalla sua tenace resistenza contro un ordine internazionale che vuole spazzare via ogni possibilità di autodeterminazione ed indipendenza dei popoli.

Non a caso, sul finire degli anni 90 Norberto Ceresole si recò spesso a Beirut e nel sud del Libano, incontrando i massimi esponenti degli Hezbollah. Dunque, non sorprende vedere come il governo di Chavez abbia spesso stretto accordi con quello di Amadinejad e non sorprende aver visto lo stesso leader di Teheran commosso ai funerali del presidente venezuelano, tanto da baciare la bara in cui riposava il corpo di Chavez.

Un altro punto in comune tra la politica della repubblica bolivariana e le idee espresse da Ceresole, riguarda la lotta ad un mondo europeo centrico; Ceresole infatti, rifiutava la tradizionale divisione centro–periferia del pianeta, a favore invece di una visione definita “orizzontale”, foriera di un sistema internazionale multipolare, in cui i popoli da lui definiti “umiliati” potevano smarcarsi dal gioco coloniale europeo.

Dunque, da qui l’idea dell’unità del continente sudamericano, la grande coalizione dei popoli latino–americani, capace di smarcarsi dall’occidente e di contrastare con molta veemenza lo stradominio USA sul territorio; un cammino, quello dell’unità del sud America, portato avanti da Chavez e che ha avuto incredibili risultati di coesione tra Paesi un tempo molto lontani da un punto di vista politico.

L’aiuto comune fornito all’Ecuador di Correa, il quale si era smarcato dall’oppressione del debito internazionale, i continui summit tra i leader del continente, la formazione dell’UNASUR e della Tv TELESUR, da contrapporre allo strapotere mediatico dei grandi network internazionali, sono alcuni dei “miracoli” continentali a cui Chavez ha dato grande impulso e preconizzati tempi addietro da Norberto Ceresole.

In generale quindi, il grande punto di contatto tra i due, sta nella visione di un sistema multipolare, grazie a nuovi accordi con Paesi arabi, con la Cina, con il Sudafrica, con la Russia, capaci, secondo gli studi di Ceresole, di frenare il progetto del Nuovo Ordine Mondiale occidentale ed a cui il continente sudamericano può contribuire con un’unità politica ed economica.

Progetti che Chavez stava portando avanti con forza e che costituiscono la sua più grande eredità politica; ricordiamo come, alla base di questi progetti, sta anche la rimodulazione dell’organizzazione dei paesi produttori di petrolio, di cui il Venezuela è il principale esportatore. Rompere il monopolio occidentale ed americano sull’oro nero, vuol dire iniziare seriamente a prendere a picconate l’attuale sistema internazionale ed è per questo che le future intenzioni del governo di Caracas saranno determinanti e non a caso, gli USA da anni tentano di destabilizzare la rivoluzione bolivariana, specialmente adesso che il suo leader non c’è più ed il suo successore sta per affrontare delicate elezioni presidenziali, da cui dipenderà buona fetta del futuro sudamericano e non solo.

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