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Quando Bibbia e Corano, in mani sbagliate, diventano giustificazione di malefatte

La Bibbia e il Corano nelle mani di Israele e Arabia Saudita: una strana alleanza… ma non troppo! Da una parte la Bibbia, usata dagli ebrei laici che fondarono il movimento sionista  come una giustificazione per colonizzare la Palestina e imporre l’idea di sovranità ebraica sulla terra di Israele. Questa logica, portata avanti da alcuni rabbini si è imposta fino alla guerra del 1967 quando hanno utilizzato la Bibbia sia come giustificazione e sia come tabella di marcia per la giudaizzazione e de-arabizzazione della Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme.

Nel 1990 i due movimenti – quello che non crede in Dio, e quello che decide con impazienza di fare il lavoro al posto di Dio – si sono fusi in una miscela letale di fanatismo religioso con il nazionalismo estremo. Questa alleanza formata nel crogiolo israeliano si specchia tra i sostenitori ebrei di Israele in tutto il mondo.
Dall’altra parte il Corano viene usato come arma dall’Arabia Saudita, che si pone portabandiera dell’Islam, predicando il fanatismo, per mantenere la sua monarchia in stile medievale e il predominio sul mondo islamico ad ogni costo.

Entrambi, Arabia Saudita (i “banchieri dei terroristi”) e Israele ( i “fornitori di armi ai terroristi”) sono in realtà  due Stati uniti dal fanatismo religioso e dal nazionalismo: quante volte l’intelligence araba e quella di Tel Aviv si sono incontrate in precedenza in Giordania  per destabilizzare la cosiddetta “mezzaluna sciita”, l’asse Teheran-Damasco-Hezbollah e non rinunciare a quel primato che da tempo sentono di avere in Medio Oriente?

Ora l’alleanza tra i due Stati esce allo scoperto con un accordo militare preciso: il Ministero della Difesa dell’Arabia Saudita ha acquistato dagli Stati Uniti una fornitura di missili Cruise ad alta tecnologia e bombe aeree per complessivi 6,8 miliardi di dollari. Si prevede che il contratto sarà firmato entro breve dopo che la richiesta verrà approvata dal Congresso. Secondo il parere della Defense Security Cooperation Agency del Pentagono (DSCA), la spedizione di armi non cambierà l’equilibrio militare nella regione e non creerà una minaccia per gli Stati vicini.

Ma sarà vero? Si chiede Nikolai Bobkin, editorialista ed analista di politica internazionale presso la Strategic Culture Foundation, che nell’articolo afferma: “Da quando Israele ed Arabia Saudita stanno discutendo sulla possibilità di un’alleanza militare contro l’Iran, questo accordo sembra rafforzare sul piano militare questa alleanza arabo-israeliano, e la probabilità di una sua creazione è sempre più realistica”.

Riyad come ha reagito al rifiuto degli Stati Uniti di compiere un attacco militare contro la Siria e al nuovo corso di Obama verso la normalizzazione delle relazioni con Teheran? Ha sfidato l’Onu che ha permesso a Bashar al-Asad di rimanere al potere e non ha risolto il problema del  programma nucleare iraniano: il Regno d’Arabia Saudita è diventato il primo Stato a rifiutare un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Se Ryad è scontento di Obama, Washington crede che il modo migliore per controllare il Medio Oriente sia quello di non permettere a nessun Paese di diventare il leader militare assoluto, mantenendo costante la tensione nei rapporti tra i due nemici: Arabia Saudita e l’Iran. D’altra parte molti anni di rapporti orientati unilateralmente verso l’Arabia Saudita ha provocato nel mondo islamico la perdita da parte degli Stati Uniti di ogni influenza tra gli sciiti, mentre l’islam sunnita sotto l’influenza saudita, ha preso un corso anti-americano. Non solo Riyad finanzia le milizie straniere presenti in Siria, ma l’intelligence saudita sostiene gruppi terroristici sunniti dall’Algeria al Pakistan, tra cui il movimento talebano che sta combattendo contro gli americani in Afghanistan.

Una ulteriore amicizia incondizionata con Riyad è diventata pericolosa per gli Stati Uniti e la congettura che la politica estera di Washington presto cesserà di servire gli interessi dell’Arabia Saudita sta diventando sempre più giustificata. E Israele come ha reagito al “riavvio” dei rapporti con l’Iran da parte degli Stati Uniti, che peraltro hanno  lasciato spazio alla possibilità di una chiusura del “dossier nucleare” iraniano con la forza attraverso possibili attacchi contro siti e infrastrutture iraniane? “La distruzione militare dei siti nucleari dell’Iran è lo scenario gradito sia ad Israele che all’Arabia Saudita. Dirigere un attacco contro l’Iran attraverso il territorio del Regno Saudita è  una delle principali opzioni prese in considerazione dai militari israeliani” lo sostiene Nikolai Bobkin, “Oltre all’inimicizia verso l’Iran, Tel Aviv e Riyad condividono il comune obiettivo di rovesciare il regime in Siria, e sono uniti nel sostenere il governo militare in Egitto, e hanno anche trovato un terreno comune per quanto riguarda l’inaccettabilità di un aumento del ruolo geopolitico della loro comune rivale, la Turchia”.

Intanto gli esempi di azioni indipendenti israeliane stanno diventando numerosi: attacchi aerei contro diverse basi missilistiche in Siria senza preoccuparsi della reazione della comunità mondiale. Il vero obiettivo dei raid aerei israeliani contro i siti militari siriani è stato forse quello di verificare la possibilità di volare su questo Paese arabo per compiere un attacco contro i siti nucleari iraniani? E’ certo che con l’approvazione di questo contratto, il Congresso degli Stati Uniti darà il via libera ai pericolosi piani di Tel Aviv e Riyad, e le truppe americane nel Golfo Persico si ritroveranno coinvolte da due suoi alleati “fuori controllo”.

di Cristina Amoroso

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