Medio OrientePrimo Piano

La lezione delle banche islamiche

di Salvo Ardizzone

La City di Londra l’ha battezzata “Sharia compliant finance”, ma di che si tratta?

La religione musulmana vieta di fare profitti prestando denaro; prendere un tasso, fisso o variabile che sia, sulla somma prestata è considerato usura e condannato. La banca islamica deve aiutare il cliente a risolvere i suoi problemi o a centrare i suoi obiettivi, evitando di scaricargli addosso oneri e rischi; in poche parole, la Sharia conduce a condividere l’iniziativa finanziaria: se l’impresa ha buoni profitti l’utile è grande, se meno fortunata si contrae. Addirittura, per aiutare l’acquisto di case, ci sono formule che prevedono il temporaneo trasferimento della proprietà alla banca e riducono il peso sul debitore, che diviene per un periodo un inquilino in affitto. E in caso di ritardo nei pagamenti, non è prevista penalizzazione, perché l’ottica è di aiutare, non strozzare chi ricorre alla “Sharia compliant finance”.

A ben vedere è tutta l’ottica finanziaria occidentale ad essere capovolta: non si lucra sull’attività del cliente, comunque gli vadano gli affari, ma insieme a lui; e se ci ragionate, questo porta anche ad un miglior credito, che andrà a chi ha buone idee e buone prospettive di riuscita e non a chi ha buone garanzie su cui la banca si soddisferà in ogni caso. È l’iniziativa e chi la porta avanti che vengono esaminati, non gli immobili e le altre garanzie al denaro prestato.

Iran, Emirati Arabi e Malaysia sono l’epicentro della finanza islamica, che cerca partner da aiutare e non clienti su cui far soldi. L’attività è in vorticosa crescita e muove miliardi su miliardi di dollari stimati al 2020 in 4mila. Già il Regno Unito, primo Paese non mussulmano, ha ospitato nel 2013 il World Islamic Economic Forum, appuntamento mondiale del business islamico, e la City di Londra vuole anticipare le altre piazze finanziarie della Ue, diventando la prima ad emettere i titoli islamici sukuk, che non obbligano a ripagare un prestito, ma offrono una partecipazione agli utili d’un progetto o di un affare.

Se ci pensate, la crisi del 2008, che ha tenuto il mondo a un passo dall’inferno (e ce lo tiene ancora), sarebbe stata impossibile con l’applicazione di simili principi; ed anche il Vaticano (quello di Papa Francesco, beninteso) ha esortato a seguire l’esempio del Banking Islamico. E poi, quante iniziative valide potrebbero nascere in questo modo, dando lavoro e creando ricchezza? Si, gettati via i preconcetti, avremmo molto da imparare.

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