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In Grecia ha inizio la colonizzazione cinese

Dopo la fase uno, ossia speculazione sul proprio debito pubblico e conseguenti politiche di austerity, per la Grecia, e soprattutto per i greci, arriva la fase due, la quale consiste nella distruzione del welfare state e nel dare il via libera alle multinazionali di colonizzare il Paese ellenico.

Un brutto destino quello di Atene, abituata a colonizzare e ad esportare la sua civiltà, quella classica da cui è partita la storia europea, adesso costretta a farsi colonizzare ed a mostrare al mondo intero come la stessa storia europea volge al tramonto, morsa nella stretta di poteri finanziari che stanno spianando la strada alla formazione di un nuovo ordine ed un nuovo sistema, fatto di lavoratori schiavizzati e di gente ricca che diventa sempre più ricca.

Samaras, il primo ministro greco, paradossalmente, però sembra gioire ed annuncia da Pechino che la Cina è pronta ad investire 250 miliardi di euro sul martoriato territorio greco: ferrovie, aeroporti, navi, grattacieli, con quelle cifre nessun millimetro della nazione sarà risparmiato dalla “generosità” cinese.

Il tutto mentre il governo di Atene vara un piano di privatizzazioni massicce, una sorta di nulla osta per dare il via definitivo alla colonizzazione; la Grecia vende tutto, dai suoi gioielli artistici a quelli infrastrutturali ed aziendali, pezzo dopo pezzo la propria sovranità, dopo averla ceduta alla Troika, la sta cedendo alle multinazionali collegate a Pechino e non solo, di fatto smantellando ogni porzione di Stato nazione e facendo “pregustare” ai propri lavoratori il modus operandi tipico delle fabbriche cinesi, non certo famose per il rispetto dei diritti umani.

“La Cina investe in tutto il mondo e noi come Grecia vogliamo essere la porta del Mediterraneo”, ha dichiarato Samaras e detto così sembra un qualcosa di saggio e lungimirante, se non fosse che Atene non sta aprendo la porta alla Cina, ma sta letteralmente dando le chiavi della propria anima e della propria storia ai nuovi colonizzatori.

Ma non solo cinesi saranno gli investimenti: il 33% dell’aeroporto internazionale di Atene è già in mano ad una grossa multinazionale canadese, così come sono già parecchie le aziende tedesche che hanno acquistato a prezzi stracciati i vecchi caseifici falliti per colpa della crisi scoppiata nel 2009.

La gente continua a scendere in strada, aizzata dalle leggi che impongono austerity ad un popolo già affamato, ma in questo momento le politiche di taglio della spesa pubblica sembrano solo la punta dell’iceberg di un sistema che, in mezzo a tanti decreti e leggine sparse nei pacchetti voluti dalla Troika, contiene l’eliminazione costante della tutela dei lavoratori e norme sempre più accomodanti per le multinazionali.

A poco a poco, sanità, istruzione, infrastrutture e quant’altro di vitale per la sopravvivenza della nazione, sarà in mano alla Cina ed alle multinazionali, le quali dalla crisi ellenica stanno guadagnando grosse opportunità affaristico-speculative.

Il problema però, è che la Grecia è solo un esperimento: nel gioco al risiko economico inaugurato nel 2008, si è scelto di far morire Atene per vedere la resistenza popolare e per verificare se la strategia della speculazione sul debito poteva essere la strada maestra per impiantare un sistema costruito ad hoc per le ideologie neo liberali, che prevede lo smantellamento di tutto lo stato sociale.

Come si può vedere, l’esperimento prosegue ed il progetto va a gonfie vele; in Grecia sono passati alla fase due, nel resto d’Europa si è ancora nella fase dell’austerity, ma il progetto finale prevede un vecchio continente totalmente colonizzato da multinazionali di ogni parte del mondo ed una “cinesizzazione” del mercato del lavoro.

Dunque, bisogna fare in fretta affinché si comprenda la gravità della situazione e non si caschi nel tranello della crisi; la situazione non è ancora compromessa: in Grecia la resistenza a questo siffatto sistema è sempre più forte, partiti come Alba Dorata crescono nei sondaggi assieme al fronte No Euro, fronte che si allarga anche nel resto d’Europa.

Chi ha messo in piedi questo gioco speculativo lo sa ed è forse per questo che si sta cercando di forzare i tempi; per loro, messi al “sicuro” i vari governi asserventi a questo progetto, il rischio è che le popolazioni si mettano sempre più di traverso ed impediscano anche parzialmente la realizzazione di un’Europa sventrata nel proprio animo e nel proprio orgoglio e lasciata in mano ai poteri finanziari.

Del resto, è da prevederlo, al crescere delle politiche di auterity e di smantellamento dello stato sociale, crescerà proporzionalmente il malcontento della popolazione, l’unico elemento che potrebbe mettere in crisi lo scellerato e disumano progetto speculativo.

di Mauro Indelicato

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