Strage Mh-17: mano ucraina e mente americana
15 mesi fa, il 17 luglio del 2014, l’aereo Mh-17 della Malaysia Airlines partiva da Amsterdam diretto a Kuala Lumpur senza mai arrivarvi: si disintegrò sull’Ucraina Orientale causando la morte di 298 persone.
Il 13 ottobre, dopo una lunga indagine condotta dal Dutch Safety Board, coordinato dall’Ufficio Olandese per la Sicurezza (Uos), è stato pubblicato il rapporto sulle cause del disastro: secondo i tecnici, a causarlo è stato un missile terra aria Buk di fabbricazione sovietica, proveniente da un’area di circa 320 chilometri quadrati nella zona di Donetsk, nell’Ucraina Orientale.
Le conclusioni dell’inchiesta non aggiungono nulla a quanto già risaputo: i Buk erano in dotazione a tutti gli eserciti del Patto di Varsavia, Ucraina inclusa; inoltre, nell’area all’epoca infuriavano i combattimenti con un fronte tutt’altro che definito; e ancora, il fatto che l’aereo sia stato colpito ad alta quota e si sia disintegrato, rende assai poco indicativo che i suoi resti si siano sparsi su un’area di 50 chilometri quadrati nei pressi di Tavez, allora controllata dai separatisti. Per questo l’Uos s’è affrettato a dichiarare che il suo compito non è stato appurare chi ha lanciato il missile, sarà un’altra inchiesta a stabilirlo.
Inutile dire che Washington subito ribadito che la propria posizione non cambia: l’Mh-17 è stato abbattuto da un missile lanciato dal territorio controllato dai separatisti, mentre Kiev, per bocca del suo primo ministro Yatsenyuk, ha accusato apertamente Mosca affermando che ci sono i Servizi russi dietro l’accaduto.
A parte i nudi fatti che parlano di una strage, di cose poco chiare ce ne sono tante: Tjibbe Joustra, il presidente della commissione che ha svolto l’indagine, ha criticato aspramente Kiev chiedendo come mai non avesse chiuso lo spazio aereo sulle zone orientali del Paese che erano zona di guerra, come è normale procedura. Inoltre, ad alimentare l’idea che possa essersi trattata di un’inchiesta “partigiana”, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha dichiarato che i dati forniti dalla Russia non sono stati presi in alcuna considerazione senza che sia stata fornita alcuna motivazione.
Inoltre, a complicare ancor di più il quadro, appena prima della pubblicazione del rapporto della commissione d’inchiesta, la società russa Almaz-Antei, che ha prodotto quei missili, ha reso noto il risultato di una propria indagine indipendente, mettendo a disposizione i dati. Secondo la società, è stato si un Buk-M1 ad abbattere l’aereo, ma lanciato dai dintorni del villaggio di Zaronshenskii, allora in mano alle forze armate ucraine.
Sia come sia, resta un massacro atroce e tanti ignobili sciacalli che vogliono specularci (Washington e Kiev in testa), senza che minimamente gli importi di quei 300 disgraziati disintegratisi nel cielo senza un perché.