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Sochi, il palcoscenico olimpico delle tensioni tra Usa e Russia

di Cristina Amoroso

Come spesso avvenuto in passato, una manifestazione sportiva diventa occasione per verificare i rapporti di forza (politico-militari) sullo scacchiere mondiale e rinsaldare nuovi legami.

La cerimonia olimpica di Sochi è stata il palcoscenico privilegiato non solo per  mostrare al mondo le assenze illustri fra i governi occidentali – hanno deciso di boicottare l’evento, fra gli altri, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il capo di Stato tedesco Joachim Gauch e la cancelliera Angela Merkel, il presidente francese François Hollande – ma anche per evidenziare il nuovo asse tra Mosca e Pechino, su cui erano puntati tutti i riflettori.

Accanto a Putin la ribalta è stata occupata dal presidente cinese Xi Jinping e dal patto di ferro fra i due giganti in materia di economia, energia, difesa e commercio, dalla cooperazione cino-russa lungo la via della seta alla visione condivisa di una soluzione politica e diplomatica alla crisi siriana – con Pechino accanto a Mosca nel fermare l’intervento Usa – e con l’obiettivo di raggiungere entro il 2015 i 100 miliardi di dollari nel commercio bilaterale.

L’animosità tra gli Stati Uniti e la Russia si è evidenziata appieno nella scelta dell’ultimo tedoforo, quello che ha acceso il braciere olimpionico nella cerimonia inaugurale davanti a tutto il mondo e il cui nome è rimasto sconosciuto fino all’ultimo momento. La scelta di Putin è caduta su un uomo e una donna. L’ultima fiaccola è stata portata da Vladislav Tretjak, tre volte campione olimpico con l’ex Unione Sovietica, inserito nell’All Star Team come migliore portiere di hockey su ghiaccio di tutti i tempi, quasi a volere riportare sul palcoscenico l’orgoglio della grandezza passata della grande Russia.

Ma  Vladislav Tretjak non era solo, lo ha accompagnato Irina Rodnina, una delle pattinatrici su ghiaccio più forti di tutti i tempi, l’unica ad aver vinto in coppia dieci mondiali consecutivi (1969-78) e tre ori di fila alle Olimpiadi. Ed anche una deputata del partito putiniano Russia Unita.
Contro di lei gioca un tweet razzista con un fotomontaggio del presidente degli Stati Uniti Barack Obama con la bocca piena mentre qualcuno gli porge una banana. Anche perché la pattinatrice si è difesa in malo modo: “Me l’hanno inviato dagli Usa. È la libertà di parola. Se qualcuno ha dei complessi, è un suo problema”. Al momento la foto aveva indignato l’amministrazione Obama e aveva spinto l’ambasciatore americano in Russia Michael McFaul a condannare Rodnina “di comportamento scandaloso, che porta solo vergogna al suo parlamento e del Paese”.

Il ruolo di Rodnina era stato tenuto segreto fino alla cerimonia di apertura di venerdì sera, appena un giorno dopo la notizia secondo cui il funzionario del Dipartimento di Stato Victoria Nuland aveva utilizzato un’imprecazione verso l’Unione Europea al momento di discutere l’attuale crisi politica in Ucraina, nel corso di una telefonata privata con l’ambasciatore Geoffrey Pyatt, telefonata intercettata e trapelata su You Tube. L’amministrazione Obama ha subito puntato il dito contro la Russia, che ha criticato gli Stati Uniti per l’ingerenza negli affari interni dell’Ucraina, accusa smentita dalla Russia.

Nel frattempo, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha emesso un avviso di viaggio per gli americani che andranno alle Olimpiadi. “I viaggiatori statunitensi dovrebbero essere consapevoli delle minacce di sicurezza informatica e di capire che non hanno alcuna aspettativa di privacy quando si condividono informazioni sensibili o personali utilizzando reti di comunicazione elettronica russi”, recitava l’avviso.

Certo in nome dei diritti civili gli Stati Uniti, così “contrari ad ogni discriminazione razziale, religiosa e di genere”, hanno inviato a Sochi in delegazione Billie Jean King e Caitlin Cahow, omosessuali dichiarate, sostenitrici dell’uguaglianza sessuale, icone gay in risposta all’approvazione della legge russa contro la “propaganda omosessuale”. E dal canto suo la Russia ha risposto con la legge “Dilma Yakovlev” che vieta l’adozione di bambini russi da parte degli americani. Per non parlare del settembre dello scorso anno quando Obama aveva cancellato un meeting con Putin in Russia, in seguito alla decisione del presidente russo di concedere asilo temporaneo ad Edward Snowden ed altri eventi che hanno contribuito a “resettare” i rapporti diplomatici tra i due Paesi.

Dispetti tra Prime donne sul palcoscenico di Sochi o una spaccatura sempre più larga tra due superpotenze nello scenario di un futuro confusamente ambiguo, nonostante  le varie operazioni di peacekeeping, nonostante l’accordo sul nucleare iraniano con la sentinella dell’Aiea, nonostante le conferenze sulla pace in Siria.

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