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Sistema sanitario nazionale intasato: italiani costretti a cure private

di Adelaide Conti

Stai male e necessiti di una visita specialistica? Nessun problema, basta armarsi di santa pazienza e il gioco è fatto. Ce lo racconta, con un linguaggio in cui prevalgono formule asciutte e inusuali, concetti chiari e incisivi il Rapporto Censis-Rbm Salute, presentato a Roma al Welfare Day: nell’ultimo anno le liste d’attesa per sottoporsi a visite ed esami specialistici si sono allungate drammaticamente. Oggi per fare una risonanza magnetica al ginocchio bisogna aspettare 20 giorni in più rispetto a prima (da 45 si è passati a 65 giorni). Dodici sono invece i giorni in più se si necessita di una ecografia dell’addome (da 58 giorni si è passati a 71). Se invece e una colonscopia quella che si deve fare, allora i giorni in più saranno 10 (da 69 giorni si passa a 79).

Ventidue milioni sono gli italiani che nell’ultimo anno hanno fatto almeno un accertamento specialistico (ecografie, radiografie, risonanza magnetica, Tac, elettrocardiogramma, esami del sangue, Pap test). Il servizio pubblico stentatamente riesce a soddisfare e smaltire una mole di richieste tali. Ed ecco che i tempi per accedere alle prestazioni diventano biblici, e chi ha urgenza di fare un controllo si rivolge ad una struttura privata o all’intramoenia (il servizio privato all’interno delle strutture pubbliche). Ma il servizio di intramoenia – rivela l’indagine – ha spesso costi superiori al privato puro e tempi di attesa più lunghi. Ed accade dunque che oltre nove milioni di italiani effettuano visite specialistiche a pagamento intero. Quasi un terzo di quest’ultimi sono persone a basso reddito.

La spesa sostenuta dai cittadini cresce, 33 miliardi di euro, uno in più rispetto a un anno fa. Le regioni in cui è più alto il ricorso agli specialisti privati sono la Puglia e la Campania. Ci vogliono 68 giorni in media per una visita specialistica con ticket di 42 euro nel pubblico, contro i sei giorni di attesa nel privato con un costo di 102 euro; 58 sono i giorni di attesa se si vuole fare una visita cardiologica nel pubblico, contro i 5 nel privato, con una spesa di 42 euro nel primo caso e di 108 euro nel secondo.

Insomma, si ricorre sempre più alle strutture private, nonostante il periodo di crisi economica. E chi non ha i soldi, semplicemente, rinuncia alle prestazioni di cui ha bisogno. A peggiorare ulteriormente la situazione dei nostri ospedali ha concorso indubbiamente la scelta di attuare una politica aggressiva di tagli, piani di rientro e spending review che hanno inciso notevolmente negli ultimi anni sulla spesa per la sanità pubblica del nostro Paese. E’ un fatto assodato che i tagli attuati alla spesa sanitaria abbassano la qualità delle prestazioni e generano inevitabilmente iniquità, ma tant’è.

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