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Siria: truppe americane non si ritireranno da Manbij

Gli Stati Uniti non hanno intenzione di ritirare le truppe di stanza vicino alla città di Manbij, nel nord della Siria, nonostante gli avvertimenti della Turchia di rimuovere immediatamente le sue forze. 

Il capo generale del comando centrale degli Stati Uniti, Joseph Votel, ha dichiarato domenica, durante un recente viaggio in Medio Oriente, che il ritiro delle forze statunitensi a Manbij non è “qualcosa che stiamo esaminando”, ha riportato il sito web della Cnn. Gli Stati Uniti hanno circa duemila militari nel nord della Siria a sostegno delle cosiddette Forze democratiche siriane (Sdf), che è un’alleanza di milizie nella Siria settentrionale e orientale e in gran parte dominate dalle Unità di protezione del popolo curdo (Ypg).

La Turchia, che considera le Ypg come un’organizzazione terroristica, ha chiesto a Washington di porre fine al supporto militare per il gruppo e di ritirarsi da Manbij, dove si trovano alcune delle sue truppe. Questo mentre i funzionari statunitensi considerano le Ypg come la più efficace forza combattente contro il gruppo terroristico Daesh nel nord della Siria, e hanno sostanzialmente aumentato il loro armamento e il supporto tecnologico al gruppo.

Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha dichiarato sabato che gli Stati Uniti “hanno bisogno di rompere il legame con l’organizzazione terroristica, farsi riconsegnare le armi che hanno dato loro e ritirarsi immediatamente da Manbij”. Gli sviluppi arrivano mentre Ankara continua la sua operazione contro i militanti curdi nella regione nord-occidentale di Afrin, in Siria.

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha ripetutamente affermato che Afrin dovrebbe essere liberata dai “terroristi” e ha chiesto lo spiegamento di truppe turche. La polemica su una possibile forza di confine siriana è iniziata il 14 gennaio quando un rapporto emerso su Reuters afferma che la coalizione militare guidata dagli Stati Uniti in Siria stava progettando di creare una grande forza di confine con un massimo di 30mila militanti con l’aiuto dei suoi alleati.

Le autorità di Ankara hanno avvertito Washington che potrebbe esserci uno scontro tra truppe turche e americane nel nord della Siria se il trasferimento di armi ai curdi non fosse stato fermato. Operation Olive Branch in Afrin è il secondo maggiore intervento militare della Turchia in Siria dal 2011.

Nell’agosto 2016, la Turchia ha iniziato una campagna unilaterale nel nord della Siria, nome in codice Operation Euphrates Shield, inviando carri armati e aerei da guerra oltre confine. Ankara ha affermato che la sua mossa era finalizzata a spingere i terroristi di Daesh dai confini della Turchia con la Siria e a fermare l’avanzata delle forze curde. La Turchia ha concluso la sua campagna nel nord della Siria nel marzo 2017, ma al momento non ha escluso la possibilità di un altro atto di offensiva militare all’interno del Paese arabo.

di Giovanni Sorbello

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