Siria: tattica e presenza americana per contenere la Russia
Gli Stato Uniti hanno aumentato l’impegno militare in Siria, uccidendo diversi civili e soldati in un recente attacco nel Paese arabo. L’esercito americano ha anche spostato negli ultimi giorni un nuovo sistema di lanciarazzi a lungo raggio dalla Giordania alla base di al-Tanf, per la prima volta nel sud della Siria, intensificando la sua presenza nella zona. Sull’avventurismo americano si esprimono James Jatras, ex analista della politica estera del senato americano e Jonathan Fryer, scrittore e docente.
James Jatras spiega le azioni avventuristiche degli Usa in Siria motivandole dal fatto che il governo americano non vuole permettere alla Russia di segnare una vittoria eclatante. La Siria rappresenta un sintomo o il teatro della lotta tra gli Stati Uniti e la Russia e l’unica ragione per cui il presidente siriano Bashar Assad deve davvero andarsene è perché “non possiamo permettere ai russi di vincere”. Si gioca tutto per battere i russi. La Russia, d’altra parte, sostiene Jatras, si trovano in Siria con l’unica ragione di ostacolare la politica americana, dando luogo a un gioco a risultato zero.
Inoltre, ci sono stati tentativi dello Stato “profondo” americano di esercitare pressioni sul presidente Donald Trump perché attuasse la politica verso la Siria promessa durante la sua campagna elettorale. Il disastro non è l’elezione di Trump presidente degli Stati Uniti, ma il disastro è che lo Stato “profondo” sta cercando di minare lui e di mantenerlo col solo scopo che seguisse le politiche promesse quando stava correndo per la presidenza.
Fryer, da parte sua, sostiene che il posizionamento di questi lancia-razzi rappresenta più un gesto che una minaccia concreta a dimostrazione che l’America sta tenendo d’occhio ciò che sta succedendo e avanza dei dubbi sulla presenza di una strategia precisa degli Usa in Siria, riconoscendo la difficoltà della situazione siriana su cui non è chiaro quanto Donald Trump abbia il controllo, e pur escludendo un confronto diretto tra Usa e Russia, prevede un confronto tra forze statunitensi e forze siriane.
Sta di fatto che gli invasori statunitensi sono ora bloccati in mezzo ad un pezzo di deserto piuttosto inutile attorno ad al-Tanf, dove la loro unica opzione è morire di noia o tornare in Giordania, da dove sono venuti. L’esercito russo ha reso molto chiaro che interverrà in forze se gli Usa attaccheranno la linea siriana e si sposteranno verso nord. Gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno il mandato per stare in Siria. Non c’è alcuna giustificazione o base giuridica per attaccare le unità siriane. La loro unica opzione è ritirarsi, sostengono alcuni analisti.
I piani degli Stati Uniti in Siria sudoccidentale e sudorientale, sembrerebbero ormai falliti, e a meno che l’amministrazione Trump non sia disposta a impegnare più forze significative e a muovere guerra apertamente e contro tutte le leggi contro il governo siriano e i suoi alleati, la situazione in quella zona è sotto controllo. Le forze siriane col tempo riconquisteranno tutti i territori del sud che sono attualmente sotto il controllo dei vari tirapiedi statunitensi e di altri gruppi terroristici.
Frattanto nel nordovest i gruppi “ribelli” si concentrano attorno ad Idlib e più a nord. Questi gruppi sono sponsorizzati dal denaro saudita, qatariota e turco. La recente crisi tra il Qatar e gli altri Stati del Golfo ha ulteriormente confuso la situazione di Idlib: i gruppi sponsorizzati dai Sauditi ora combattono i gruppi sponsorizzati dai Qatarioti e dai Turchi, e questi conflitti si aggiungono alle altre animosità tra le forze allineate con Al-Qaeda e quelle di Ahrar al-Sham. Le forze governative siriane mantengono circondata la provincia, e la Turchia a nord ha mantenuto il suo confine prevalentemente chiuso. I “ribelli” a Idlib cuoceranno nel proprio brodo fino a quando non saranno alla frutta e completamente esausti, e alla fine le forze governative attaccheranno e distruggeranno tutto ciò che resta di loro.
Il segretario della Difesa Mattis non sembra essere dotato di pensiero strategico se una questione tattica, quale Al-Tanf, è stata elevata dall’esercito americano a questione strategica, difendere per principio una guarnigione nel deserto, non c’è niente da guadagnarci se non la volontà di non permettere alla Russia una vittoria eclatante su tutti i fronti. Ma questo può essere un gioco pericoloso per gli Stati Uniti.
di Cristina Amoroso