Siria, la Russia aumenta il proprio dispositivo militare; i raid russi annientano le basi dei terroristi
Col passare del tempo l’intensità dei raid russi s’intensifica, passando dai circa 25 strike al giorno dell’inizio ai 50/60 odierni. Putin ha fretta di ottenere risultati e si è dato 3-4 mesi di tempo per averli; per questo ha reso più massiccio il suo intervento: dalla base aerea di Latakia agiscono 12 Su-24 Fencer ed altrettanti Su-25 Frogfoot, oltre a 4 Su-30 SM, caccia bombardieri multiruolo; con loro ci sono una quindicina di elicotteri pesanti d’attacco Mi-24, autentiche cannoniere volanti corazzate. Sono tutti mezzi ottimizzati per l’attacco al suolo e sono loro che stanno martellando sul campo “ribelli” e bande del “califfo”.
Dalla base di al Hmeimin operano i nuovissimi caccia bombardieri pesanti Su-34, quelli che battono i bersagli più “paganti”, adesso ce ne sono da 8 a 12; inoltre è stato appena annunciato il dispiegamento di altri Su-30, da 6 a 12, stavolta in versione intercettori, per dare copertura aerea agli strike in un cielo divenuto troppo affollato. Sulla stessa base sono stati segnalati i Ka-52 Alligator, elicotteri d’attacco che operano in stretto contatto con gli spetsnaz, le forze speciali russe anch’esse presenti fra i reparti a terra.
Ma non è tutto: a Tartus ci sono 5 unità della Marina russa, fra cui l’incrociatore lanciamissili Moskva che con i suoi 64 S-300 ha in pratica instaurato una sorta di “no fly zone” su tutta l’area. Americani, turchi e israeliani lo sanno bene e, malgrado gli strepiti, si adeguano.
Ad appoggiare i raid ci sono anche i missili di un sottomarino d’attacco che incrocia dinanzi alle coste siriane (che non è ancora intervenuto) e quelli della Flottiglia del Caspio (una fregata e tre corvette) da cui sono già partite le salve di Kalibr 3M che hanno polverizzato basi e infrastrutture di “ribelli” e Isis.
A terra, a parte consiglieri, specialisti ed elementi del Gru, ci sono reparti di spetsnaz che operano con l’Esercito siriano, e reparti di fanti di marina (fra cui elementi della 810^ Brigata, quella di stanza a Sebastopoli che per prima ha preso il controllo della Crimea) a proteggere le basi e gli aeroporti. Con loro l’Esercito utilizzando il meglio per spezzare in fretta ogni resistenza, come il Tos-1 Buratin, una letale arma termo barica di enorme potenza.
Putin non ha mandato in Siria le Forze Armate russe per ciò che sono attualmente, un complesso imponente ma formato da mezzi obsoleti che, secondo i programmi, saranno sostituiti del tutto fra il 2020/2022 (crisi economica permettendo); correttamente vi ha proiettato una piccola parte ammodernata di esso, in grado di fare comunque una radicale differenza sul terreno, e in ogni caso disposto ad aumentarla come ha già fatto negli scorsi giorni.
Evitando di impegnarsi massicciamente sul campo (un corpo di spedizione terrestre sarebbe stato assai più complesso da imbastire in fretta, ed avrebbe comportato le inevitabili perdite che ha tutto l’interesse di minimizzare), sta distruggendo basi, depositi, infrastrutture, posti di comando, linee di rifornimento e concentrazioni di mezzi, diminuendo drasticamente la pericolosità degli avversari.
Per adesso l’offensiva di terra dell’Esercito siriano, supportata da elementi iraniani, Hezbollah e specialisti russi, sta investendo le regioni di Hama e di Homs, mettendo in sicurezza le strategiche aree costiere; successivamente si spingerà verso le zone di Idlib e Aleppo. Le operazioni stanno procedendo rapidamente, neutralizzando un numero crescente di terroristi e liberando città e villaggi nell’avanzata.
Di qui le furiose proteste di Washington che non vuole che Putin (e Assad) stravinca, e dei Paesi del Golfo e della Turchia, che vedono sbriciolarsi velocemente quegli eserciti mercenari con cui contavano di spartirsi il Medio Oriente. Certo sono tanti e occupano un’area assai vasta che hanno avuto tutto il tempo di fortificare, ma di fronte all’offensiva che si sta dispiegando chi può si consegna (anche grazie a un programma di reinserimento messo in atto dal Governo siriano) o sta scappando verso il confine turco.
Al momento, americani, sauditi e qatarioti, nel tentativo di evitare il collasso stanno intensificando il flusso di armi e munizioni (gli Usa stanno paracadutando aiuti a decine di tonnellate), ma non sembra che ciò influenzi l’andamento delle operazioni.
Per come si sviluppano gli eventi, è assai improbabile che l’impegno russo si tramuti in una guerra di logoramento in cui Mosca possa impantanarsi (come sperato da Obama): l’Afghanistan degli anni ’80 evocato da alcuni analisti Usa è tutta un’altra storia; in Siria c’è un Esercito che si batte contro aggressori con alleati al fianco, e un Popolo che, piaccia o no ai media, vuole riappropriarsi del proprio Paese.