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Sigonella, pronti i droni per la Libia

di Adelaide Conti

La nostra terra ha avuto il pregio, fra tante pecche, di sperimentare già in epoche lontanissime il concetto di “multiculturalismo”.

Abbiamo dato vita per primi ad una globalizzazione ante litteram in un angolo di paradiso che si affaccia nel Mediterraneo, crocevia di popoli, culture, storie. Isola la cui luce non riposa mai. A pensarci bene, i rocamboleschi sbarchi dei clandestini – di cui l’informazione dà puntualmente notizia – non sono una novità degli ultimi decenni, ma una consuetudine millenaria. In passato accogliere lo straniero, e con egli amalgamarsi, era considerato un processo ineludibile. Oggi in questa terra abbandonata e sconfitta quasi più nessuno crede che possano accadere cose belle.
In mezzo a questo torpore corale estivo il ministro degli Affari Esteri, Gentiloni annuncia quasi sotto voce la disponibilità all’utilizzo da parte degli americani della base Nato di Sigonella per spedizioni militari. Destinazione: Libia, più precisamente Sirte. Un Paese già attraversato da lotte intestine; segnato com’è da guerre interne e non solo. Obiettivo sbandierato, sconfiggere l’Isis.

Ieri, Isola dalle acque felici pronta a trasformarsi in un porto sicuro per migliaia di profughi. Oggi piattaforma da guerra per conflitti illogici e spietati. Spedizioni militari motivate dalla necessità e l’urgenza di riportare l’ordine e la pace in luoghi pesantemente devastati dalla follia umana. L’Occidente ha il dovere di non voltarsi dall’altra parte. Tuttavia, il dubbio che non sia il desiderio di riportare la pace a muovere le nazioni pronte ad intervenire è più che mai legittimo. Gli interessi in campo sono tanti, alcuni dei quali fortemente legati alla presenza nel Paese libico di numerosi pozzi petroliferi.

Le missioni non nascono per aiutare i popoli in difficoltà. Lo sa bene chi la guerra l’ha sperimentata sulla propria pelle; chi da quegli scenari fugge per trovare scampo.

Dati questi presupposti, si allontanano sempre più dalla nostra Isola parole come autonomia, libertà e accoglienza. E la tanto invocata Pace assume sempre più i contorni di uno specchietto per le allodole. A questa terra non rimane che l’ingrato compito di rinnegare la sua natura pacifica per chinarsi al volere delle grandi potenze.

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