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Sanità, rapporto Svimez affonda il Sud

Non ci voleva di certo l’ultimo rapporto Svimez sullo stato di salute della sanità, sempre meno pubblica e sempre più privata. Per riportare alla luce i malanni che attanagliano la sanità italiana che, se da una parte funziona nelle regioni più virtuose come l’Emilia Romagna, al Sud è disastrosa.

Il rapporto si intitola: “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”, presentato a Roma in collaborazione con Save the Children. Gli indicatori BES (Benessere Equo Sostenibile) mettono in luce che “il mezzogiorno è l’area del Paese caratterizzata dalle peggiori condizioni di salute”.

Nel 2022 la speranza di vita alla nascita per i cittadini meridionali era di 81,7 anni, 1,3 anni in meno rispetto al Centro e del Nord-Ovest e 1,5 rispetto al Nord-Est. Indicatori sfavorevoli si trovano sempre al Sud, per la mortalità evitabile causata da deficit nell’assistenza sanitaria e nei servizi di cura e prevenzione. Salgono anche i tassi di tumore: 9,6 per 10mila abitanti per gli uomini rispetto all’8 del nord, ma cresce anche il divario per le donne: 8,2 al Sud e meno 7 al Nord quando nel 2010, i dati erano allineati.

Sanità e divari regionali

La prevenzione oncologica al Sud è deficitaria se non del tutto assente. Sempre nel report si legge che in Italia, circa il 70% delle donne tra i 50 e i 69 anni si è sottoposta ai controlli. Due su tre lo hanno fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti con una copertura complessiva dell’80% al Nord, del 76% al Centro e del 58% nel Mezzogiorno. A lavorare meglio è il Friuli Venezia Giulia con l’87,8%, mentre ultima è la Calabria dove solo il 42,5% delle donne tra i 50 e i 69 anni si è sottoposta ad uno screening.

Servizio sanitario universale solo sulla carta

Il report mette in risalto la disparità tra Nord e Sud, confermando “i profondi divari regionali nell’offerta di servizi che dovrebbero essere garantiti a tutti in quanto compresi tra i LEA”. Non deve sorprendere il misero 11% della Calabria riferito alle donne che hanno usufruito di uno screening promosso dal Servizio Sanitario, un dato che risulta il più bassò d’Italia e che fa risaltare quello compreso tra il 63% e il 76% delle regioni Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Liguria e anche il 31% dell’Abruzzo e Molise.

Eppure si rischia di peggiorare una situazione già precaria perché il governo Meloni, tra i suoi vari progetti in discussione, ha quello di attuare l’Autonomia differenziata aumentando i poteri alle regioni. A farne le spese sarà ancora di più la sanità, già incerottata di suo, si avranno tante sanità quante sono le regioni. Eppure il 2020 non è così lontano, perché i disastri compiuti dalle regioni durante il Covid 19, dovrebbero servire da monito.

di Sebastiano Lo Monaco

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