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Sanità, liste di attesa e la riduzione che non c’è

Sanità – Era il 7 Giugno 2024, il giorno prima delle elezioni Europee, quando il Governo Meloni pubblicava nella Gazzetta Ufficiale il decreto legge 73 dal titolo roboante: “Misure urgenti per la riduzione dei tempi e delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie”. Di cosa si tratta? Quali sono queste misure urgenti che vengono attuate?

Si parla di “Codici di Priorità” con l’istituzione della Piattaforma Nazionale delle liste di attesa, gestita dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS). L’obiettivo è quello di monitorare a livello nazionale se vengono rispettati i codici di priorità presenti sulle ricette, secondo i quali una visita deve essere garantita in 72 ore se urgente, 10 giorni se è un codice “breve”, 30 giorni per una visita, 60 per un esame se differibile e 120 giorni se sono esami programmati.

Per fare ciò, la piattaforma dovrebbe scambiare informazioni con le banche dati della regione. Il problema è che queste banche dati esistono dal 2019 e si è mai fotografata la reale situazione per il semplice motivo che il calcolo è stato fatto su una “settimana indice”, pubblicando solo i dati di alcune aziende, le più efficienti.

Per le prenotazioni il CUP regionale dovrebbe comunicare i tempi di attesa sia degli ospedali pubblici sia dei privati accreditati, ma non tutti i privati sono collegati al CUP. Sulla carta le prenotazioni non devono essere mai sospese o chiuse, è un divieto previsto dalla legge 266, ma è prassi sentirsi dire che non c’è posto e di telefonare in futuro.

Sanità… malato terminale

Poi c’è la questione “Pagamento”, perché quando le Classi di Priorità non possono essere rispettate ci sono due opzioni:

1) Il direttore Generale si rivolge ai suoi medici che fanno attività a pagamento dentro l’ospedale per includere alcune ore con le tariffe del SSN.

2) La Regione deve esercitare l’opzione di farsi aiutare dai privati accreditati, ma cosa succede nella realtà? Come accaduto in Lombardia i privati hanno fatto 700mila prestazioni in meno con il SSN e 400mila in più a pagamento privilegiando le prestazioni che rendono di più.

Le visite diagnostiche si dovrebbero effettuare nei giorni di sabato e domenica, pratica prevista dal 2019 e mai applicata. Nel D.L.73 è prevista la nascita di un organismo che deve vigilare sulle liste di attesa, cosa che sarebbe dovuta avvenire dal 2006. Nella sostanza si tratta di una nuova direzione del Ministero della Salute con qualche dirigente da assumere e 20 nuovi funzionari che avrebbero, sulla carta, potere sanzionatorio con funzioni di polizia amministrativa e giudiziaria, con la possibilità di revocare o di non rinnovare l’incarico ai direttori generali se inadempienti.

In sostanza cose c’è di nuovo? Nulla, sono tutte prassi mai messe del tutto in atto, tranne rari casi, perché la realtà è molto differente rispetto a come la immagina il presidente del Consiglio. Il SSN è un malato terminale che avrebbe bisogno di cure massicce e non di annunci pre-elettorali che non servono e soprattutto, non apportano nulla di nuovo.

di Sebastiano Lo Monaco

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