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Russia: sentenza ad orologeria sul fallimento Yukos

di Salvo Ardizzone

La Corte Arbitrale dell’Aja ha condannato la Russia a risarcire, con 50 Mld di $, gli ex azionisti della Yukos, un colosso petrolifero che, nel 2005, fu praticamente costretto a fallire e le cui proprietà svendute a società pubbliche, principalmente alla Rosneft. Il suo peccato originale stava nel fatto che faceva capo a Mikhail Khodorkovsky, allora l’oligarca più ricco della Russia tanto potente da pensare di poter giocare in proprio; entrato in conflitto col Kremlino, Vladimir Putin ne decretò l’eliminazione per via giudiziaria con una serie di condanne che lo tennero in galera dal 2003 fino alla grazia concessa nel 2013. Malgrado le origini della sua fortuna fossero assolutamente discutibili, dal carcere stava divenendo una scomoda icona per l’opposizione, di qui la sorprendente liberazione e l’immediata emigrazione in Germania.

Il fatto è che nel 2005, i soci della Yukos, la Hulley Enterprises e la Veteran Petroleum con sede a Cipro (antico paradiso di oligarchi) e la Yukos Universal con sede nell’Isola di Man, avevano presentato ricorso presso la Corte arbitrale dell’Aja; ora, dopo 9 anni, la sentenza che, con verdetto unanime, riconosce che la Federazione Russa ha praticamente mandato in bancarotta la Yukos per appropriarsi delle sue proprietà. La richiesta di risarcimento era stata di 103,5 Mld, pari a quattro volte le somme investite più gli interessi, ma anche se la somma è stata decurtata a 50 Mld, è pur sempre di 20 volte superiore alla più alta sin’ora deliberata per questo tipo di cause.

Certo, è una sentenza che fa scalpore per l’importo, ma non è sul merito del fatto che vogliamo entrare; purtroppo avvenimenti simili, brutali come il potere in Russia o ammantati d’ipocrisia altrove, non sono affatto rari nel mondo globale degli affari, in un modo o nell’altro avvengono ovunque. Sono anche altre le cose che ci danno da pensare, in testa la tempistica: è singolare che, dopo nove anni, la sentenza venga fuori proprio adesso, quando le piazze finanziarie di mezzo mondo, spinte da Washington, stanno facendo di tutto per mettere nell’angolo Mosca, con la scusa della crisi Ucraina. È singolare che la Russia venga condannata a pagare 50 Mld di $, quando maggiore è la fuga di capitali dalla sua economia, e mentre si sta scrivendo il testo di nuove sanzioni, una delle quali contempla proprio tagliar fuori il Kremlino dalle piazze finanziarie d’Occidente (New York e Londra in testa), per impedirgli d’approvvigionarsi di capitali.

Certo, la Yukos, a suo tempo del valore di almeno 40 Mld, è stata mandata in fallimento, e i suoi asset nazionalizzati nella gran parte a beneficio della Rosneft, guidata da Igor Sechin, uomo ombra di Putin, ma sono ancora singolari altre cose. Il 70% della Yukos era di proprietà della Menatep, insieme alle altre partecipazioni dell’ex impero di Khodorkovsky; tutte quelle quote, malgrado allora fossero senza valore, sono state rilevate da Gml, il cui capofila, anch’esso russo (Leonid Nevzlin) ed ex socio d’affari di Khodorkovsky, s’è poi rifugiato in Israele.
Preveggenza, fiuto per gli affari o altro, al gruppo d’investitori dietro alla Gml, assistiti dall’avvocato Emmanuel Gaillard, toccherà una montagna di denaro; a Khodorkovsky pare nulla, come ha dichiarato a inizio anno, quando ha detto d’essere estraneo a quelle vicende giudiziarie contro lo Stato russo. A noi restano le perplessità per una sentenza che cade esattamente quando e dove conviene a Washington e ai gruppi di potere interessati a tagliare le ambizioni di potenza di Mosca. È proprio vero che la guerra si può combattere in molti modi.

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