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Romina Ashrafi e le menzogne dei media italiani

L’omicidio della ragazza iraniana Romina Ashrafi, uccisa dal padre all’età di 13 anni, ha scatenato una vergognosa campagna mediatica contro la Repubblica Islamica dell’Iran, politicamente colpevole, secondo questi Signori dell’informazione, dell’omicidio brutale della giovane. Proviamo a dare delle risposte alle tante imprecisioni apparse sugli articoli dei nostri quotidiani, soprattutto sul sistema giuridico della Repubblica Islamica dell’Iran.

  1. Gli articoli sostengono che in Iran sia in vigore il delitto d’onore. Si tratta di una nozione totalmente infondata. Nessuna parte del codice civile o penale iraniano, prevede o autorizza “il delitto d’onore”.

La realtà distorta

La realtà, è l’esatto contrario. La verità storica va esattamente nella direzione contraria. Negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, quando in una delle regioni del sud dell’Iran, gli uomini di una certa minoranza, in diversi casi, assassinarono le proprie mogli rivendicando il delitto d’onore, il capo del potere giudiziario iraniano, l’Ayatollah Hashemì Shahroudì, diede ai giudici dei casi l’indicazione che diffondere l’idea che “il delitto d’onore” sia lecito, è “Ifsad fil Ardh”. Nel diritto islamico, Ifsad fil Ardh significa “diffondere corruzione sulla terra” e viene punito con la pena di morte.

Quindi, uomini di una certa realtà tribale del sud dell’Iran, che negli anni scorsi commisero questi delitti, vennero puniti con la massima pena esistente in Iran (quella capitale), proprio perché diffondevano l’idea che il femminicidio fosse legittimo. Per tale ragione, la Repubblica Islamica dell’Iran, vanta una gloriosa storia di lotta contro antiche pratiche ingiuste come “il delitto d’onore”. In più, bisogna porre l’enfasi sul fatto che il codice giuridico vigente in Iran non prevede in nessun caso il fatto che una persona abbia il diritto di prendere il posto dei tribunali e farsi giustizia da sola.

Precisazioni necessarie

  1. Certi articoli sostengono che nella locandina funebre diffusa dopo la morte della ragazza, (la foto è riportata anche dai quotidiani italiani), ci sia la scritta “festa del lutto”. L’Italia, grazie al cielo, è piena di professori ed esperti di lingua persiana che possono confermare. Sulla locandina questa scritta non appare per niente. Non c’è.
  2. In alcuni articoli si spiega che ai sensi dell’articolo 220 del codice penale islamico, il padre di Romina Ashrafi non potrà essere punito con la pena di morte, come in tutti i casi di delitto d’onore in Iran. Anche in questo caso si tratta di totale falsità. L’articolo 220 del codice penale islamico non autorizza il “delitto d’onore”, ma spiega che nel caso l’assassino di una persona siano i genitori, questi non devono essere sottoposti alla pena capitale (e quindi all’ergastolo, in un caso come quello di Romina). Ma come spiegato nel punto 1, proprio perché in questo caso il delitto si prospetta come un tentativo di legalizzare la barbara pratica del delitto d’onore, come avvenuto in Iran negli anni ’80 e ’90, il giudice del caso potrebbe ritenere il padre della ragazza degno della pena capitale per Efsad Fil Ardh (spargimento di corruzione sulla terra).
  3. Da qui si apprende che pure l’altro punto spiegato dagli articoli, cioè il fatto che il padre non rischia affatto la pena di morte, è pura menzogna. Anche la docente universitaria iraniana Fariba Alasvand, membro del centro di ricerca per gli affari della donna e della famiglia, ha confermato ciò, spiegando che il caso potrebbe prendere tale strada.
  4. Negli articoli dei quotidiani italiani, la storia di Romina Ashrafi viene raccontata solo a metà. La povera ragazza, era stata adescata a 9 anni da un uomo di 29. Il pedofilo (questo reato esiste in Iran e non è vero che in tale età la ragazza si sarebbe potuta sposare) l’aveva ingannata, aveva scattato foto private della ragazza e poi aveva chiesto soldi alla famiglia di lei, minacciando di pubblicare le foto, cosa che poi aveva fatto (tutti reati per il sistema giuridico islamico dell’Iran). La famiglia della ragazza, aveva sofferto a lungo combattendo contro questo individuo, che quindi non era “un innamorato” o un pretendente, ma quello che con tutta probabilità è stato l’autore di tutta una serie di reati (starà al tribunale stabilirlo). L’uomo, oggi di 33 anni, per dovere di cronaca, è stato arrestato e verrà sottoposto a processo per tutti i reati commessi.
  5. Da qui si apprende che non era la storia di due innamorati, ma purtroppo quella di un individuo che aveva distrutto la serenità di una famiglia, e la vita di una bambina. L’azione del padre di Romina è deplorevole ed egli verrà sottoposto a processo, ma la pressione e il disagio in cui si trovava la famiglia, per di più in un paesino di poche anime del nord dell’Iran, era sicuramente fortissima. Il padre di Romina Ashrafì è un assassino ma ciò non autorizza i media stranieri a falsificare la storia della sventura di sua figlia.
  6. Negli articoli si legge che i dati diffusi dalla Repubblica Islamica dell’Iran sugli omicidi di donne nel proprio territorio sono “davvero poco affidabili”. A questo punto, questi Signori dell’informazione dovrebbero citare fonti per tale accusa.

Conclusioni sulla triste storia di Romina Ashrafi

Oggi l’Iran intero è scosso dalla triste storia di Romina Ashrafi, ma gli articoli a cui abbiamo risposto, presentano gravissime falsità e menzogne pure sul sistema giuridico vigente in Iran. Si presentano due possibilità.

  1. Se le falsità sono state riportate per ignoranza, a questo punto sarebbe necessaria una nota di correzione da parte dei rispettivi quotidiani.
  2. Se invece si tratta di una macchinazione voluta contro la Repubblica Islamica dell’Iran, i giornali e gli autori degli articoli devono essere ritenuti responsabili della loro azione e la Repubblica Islamica dell’Iran, si riserva il diritto di agire in conformità alle leggi, visto che la sua immagine è stata lesa.

In ogni caso, l’importante è che l’opinione pubblica italiana, ancora una volta allontanata dalla realtà sull’Iran, possa accedere alla verità. Ancora una volta chi si deve vergognare non siamo certo noi.

di Davood Abbasi

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