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Rider, fine dello sfruttamento o inganno?

Si sono concluse a Milano le indagini sullo sfruttamento dei rider da parte delle piattaforme digitali. Il risultato è stato sorprendente ma ha dato una conferma: determinazione, intelligenza e unione hanno portato alla ribalta una problematica che era sotto gli occhi di tutti ed è stato possibile grazie a lavoratori che hanno affermato i loro diritti e il riconoscimento dello statuto dei diritti dei lavoratori dipendenti portando avanti una la lotta contro lo sfruttamento.

La Procura di Milano ha richiesto 733milioni di multa alle piattaforme digitali con l’obbligo di effettuare 60mila assunzioni entro tre mesi e la regolamentazione per il settore dei rider. Se tutto ad una prima occhiata può sembrare facile, la lotta dei ciclafattorini ha attraversato tre governi: il Conte I, il Conte II e l’avvento di Mario Draghi. Tutti e tre hanno mostrato solo parole di circostanza senza mai addentrarsi nel problema reale lasciando, nei fatti, risultati più che modesti.

Rider e anni di lotte

Anni di lotte contraddistinte anche da denunce contro i lavoratori da parte delle piattaforme hanno portato al risultato di questi giorni. L’esito delle indagini della Procura di Milano dimostra che sono state le lotte dei rider a far applicare il diritto del lavoro ad un settore che galleggiava in una zona di nessuno. I rider fanno parte di un arcipelago di lavori che potrebbero beneficiare delle modifiche normative in corso, smascherando, nel caso dei ciclofattorini, la fantomatica idea dell’autonomia. Stessa cosa è accaduta in Francia e in Spagna che sono state richiamate dal tribunale di Palermo che è l’unico tribunale italiano a riconoscere la natura subordinata del rapporto di un rider di Glovo.

Adesso la palla passa al governo che deve nuovamente convocare le piattaforme e i sindacati affinché si arrivi a una soluzione che rispetti la norma e la tutela dei diritti dei lavoratori, il tutto in linea con la corte di cassazione che ha già affermato che i rider si possono considerare dei lavoratori dipendenti.

di Sebastiano Lo Monaco

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