Riconosciuto ruolo delle Hashd al-Shaabi
Sabato il Parlamento iracheno ha riconosciuto le Hashd al-Shaabi, che sono ora equiparate alle Forze Armate. La norma approvata, proposta dalla National Iraqi Alliance, pone i combattenti volontari delle Unità di Mobilitazione Popolare sotto il comando diretto del Primo Ministro al-Abadi, e concede loro stipendi e pensioni come l’Esercito e la Polizia.
Nel comunicato a commento dell’approvazione del provvedimento, il Premier ha dichiarato che: “si deve mostrare gratitudine per i sacrifici di questi combattenti… le Hashd al-Shaabi rappresentano e difendono tutti gli iracheni”. Le Hashd al-Shaabi sono nate nel 2014, nel momento più buio, quando la spallata del Daesh minacciava di sommergere l’Iraq, giocando un ruolo decisivo nella tenuta del Paese.
I critici del provvedimento, nella gran parte estranei al Paese e identificabili con le forze che hanno tentato di distruggere l’Iraq per smembrarlo, hanno sostenuto che si tratta di milizie settarie composte da sciiti, che perseguirebbero il programma di espandere una loro egemonia su tutta la Nazione. Nella realtà, al momento le Hashd al-Shaabi contano almeno 100mila combattenti, fra cui da 25 a 30mila provenienti dalle milizie tribali sunnite oltre ad unità yazide, cristiane e curde.
E che il fattore religioso e settario sia solo un pretesto montato ad arte da chi ha tutto l’interesse a puntare sulla destabilizzazione dell’Iraq, e ripetuto come un mantra dai media occidentali e del Golfo, è dimostrato dal favore con cui il Consiglio degli Studiosi di Baghdad, il più importante organismo di religiosi sunniti irakeni, ha accolto la notizia dell’equiparazione delle Hashd al-Shaabi alle Forze Armate. Abdul-Qadir al-Alousi, che lo presiede, ha dichiarato anch’esso che il provvedimento è il minimo segno di gratitudine per i sacrifici che quei combattenti hanno sostenuto e sostengono per la liberazione e l’unità del Paese.
Nella realtà, le Hashd al-Shaabi sono una forza popolare di enorme portata, che si è fatta carico del riscatto dell’Iraq quando le macchinazioni di potenze straniere e la corruzione di parte dell’apparato statale ereditato dalla lunga occupazione Usa stavano per mandarlo in pezzi.
Per questo, il loro peso politico va al di là della pur notevole capacità militare (oltre ad essere unità ben equipaggiate e ottimamente addestrate, hanno una fortissima motivazione che fa la differenza): si tratta di combattenti che nella dura battaglia che stanno conducendo per liberare il proprio Paese, hanno maturato sul campo la consapevolezza di chi è a favore del Popolo irakeno e chi sull’eterno stato di destabilizzazione ha fatto le proprie fortune, sia in patria che all’estero.
Per questo essi sono e saranno i primi nemici del groviglio di poteri e di influenze che da troppi anni insanguinano e sfruttano l’Iraq; per questo hanno in programma di costituirsi in movimenti politici che diano voce a quella che è una battaglia della Resistenza, riconoscendosi comunque all’interno del potere costituito rappresentato dal Primo Ministro cui obbediscono.
Il fatto che il Parlamento, fin’ora largamente influenzato da ingerenze straniere (vedi Usa e Golfo), rissosità e sterili giochi di potere, abbia riconosciuto il ruolo delle Hashd al-Shaabi, è il segno di un cambio di passo di enorme rilevanza, che mostrerà i suoi effetti nel dopo Daesh, quando si dovrà procedere al riassetto ed alla ricostruzione del Paese.
E che i combattenti delle Hashd al-Shaabi abbiano ben chiaro che le priorità dell’Iraq coincidano con la lotta della Resistenza in tutta l’area, lo si è visto nella battaglia per Mosul, decisiva per la liberazione del Paese, quando hanno fatto fallire le strategie di Usa e Golfo che tendevano a permettere ai Daesh di fuggire in Siria per dar manforte ai terroristi anche là in crisi. Muovendosi in maniera autonoma su Tel Afar, intrappolando i Daesh a Mosul, hanno dimostrato d’aver compreso bene che la battaglia è unica in Iraq e Siria, e che unici sono i mandanti dietro i terroristi.
Una consapevolezza ribadita più volte dai vertici delle Hashd al-Shaabi, che hanno dichiarato che dopo aver liberato l’Iraq (e ci sono vicine) passeranno in Siria per continuare la lotta fino alla vittoria dell’Asse della Resistenza.
di Salvo Ardizzone