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Referendum 17 aprile: i tanti perché del “SI”

di Adelaide Conti

Il 17 aprile è ormai alle porte e di certo non è un caso se il caos e l’approssimazione regnino sovrani in tutto lo stivale. Non per niente il discussissimo “Sblocca Italia” sembra vergato da mani orfane di una strategia, di un pensiero razionale, costruttivo, condivisibile. In questi giorni la discussione tra il “Sì” e il “No” sulle trivelle ha assunto toni sempre più accesi. Tra i sostenitori del Sì nessuno dubita che il territorio italiano sia straordinariamente vocato alla bellezza e dunque al turismo. In forza di ciò sperano che questo referendum apra la strada ad un nuovo modo di programmare una transizione energetica che faccia leva sulle rinnovabili piuttosto che sul fossile.

Chi sostiene il Sì difende il mare e la bellezza del nostro Paese. Il 17 aprile può e deve diventare una data storica che segna un radicale cambio di mentalità. Questo è il senso. Così come è accaduto in diversi Paesi europei che da qualche tempo hanno abbandonando la politica energetica legata agli idrocarburi difendendo così il proprio territorio. Non ultima la Croazia, che ha deciso di bloccare le trivelle in Adriatico per salvaguardare il turismo del Paese. La decisione del governo di Zagabria sorprende ancor di più visti i guadagni che le casse dello Stato contavano di realizzare attraverso le società petrolifere: circa dieci milioni di dollari nell’immediato, a fronte di un investimento da 2,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. il dietrofront del governo sarebbe motivato dalla necessità di tutelare l’ambiente e garantire il turismo (che oggi vale nel Paese oltre il 15% del Pil). Come dargli torto.

In Italia si è deciso e si va avanti con le concessioni grazie al governo Renzi e al suo controverso decreto “Sblocca Italia” approvato la scorsa estate, che allarga di molto le maglie per le concessioni di autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi nei nostri mari. Ma quante sono le autorizzazioni rilasciate nel nostro Paese? Ben 35 che interessano anche aree entro le 12 miglia dalla costa. Ventisei sono quelle produttive tra il mar Adriatico, il mar Ionio e il canale di Sicilia. Per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi.

I cittadini il 17 aprile potranno decidere se abrogare (con il ‘Sì’) una parte di norma e far valere, anche per i titoli già rilasciati, il divieto di ‘operare’ entro le 12 miglia dalla costa, facendo cessare le attività in corso in mare. Non immediatamente, ma alla data di scadenza ‘naturale’ della concessione. Anche nel caso in cui ci fosse ancora petrolio o gas da estrarre. Se passa il ‘No’, invece, si va avanti fino all’esaurimento.

Il referendum risponde, inoltre, all’esigenza di partecipazione di molte regioni per chiedere una revisione della Sen (Strategia Energetica Nazionale) la quale, già dal governo Monti in poi, è in evidente contrasto con gli obiettivi di Parigi e della Cop21. Ricordiamo che l’accordo sul clima preso dagli Stati presenti a Parigi punta a limitare il riscaldamento globale tra il 1,5°C e 2°C. Pare evidente, visti gli impegni presi, anche da parte del nostro governo, che bisogna lasciare nel sottosuolo gli idrocarburi se non si vuole superare il limite dei due gradi centigradi di temperatura. Senza tener conto, infine, che il petrolio presente nei nostri mari è di scarsa qualità e quantità. Come dimostrano i dati forniti dall’Ufficio minerario per gli idrocarburi e le georisorse del Ministero delle Sviluppo Economico, e da Assomineraria, i quali stimano riserve certe sotto i fondali italiani che sarebbero sufficienti (nel caso dovessimo contare solo su di esse) a soddisfare il fabbisogno di petrolio per sole sette settimane e quello di gas per appena sei mesi. Trascorso questo termine il problema di dove attingere nuove risorse si ripresenterebbe.

Vi è dunque l’urgenza e il dovere di individuare una strategia industriale a lungo termine che metta, ragionevolmente, a riparo ambiente e uomo dai rischi certi derivanti da una politica miope che mira ai guadagni senza calcolare i danni. Investire nelle energie rinnovabili è l’unica alternativa praticabile che contempli un’idea di futuro. Ecco perché bisogna votare “SI”.

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