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Razzismo nella più grande “Democrazia” del mondo

Razzismo – 52 anni fa, il 28 agosto del 1963, Martin Luther King pronunciava il suo storico discorso “I have a dream”, presso il Lincoln Memorial di Washington. Erano anni in cui le leggi razziali che discriminavano la comunità afro-americana erano ancora in vigore; solo a partire dal ’64 cominciarono ad essere abolite a seguito di lotte dure, durissime contro una società ipocrita, bigotta e razzista.

Fino ad allora, quello che sarebbe stato normale in qualunque Stato civile, o comunque degno di questo nome, come l’accesso paritario ai servizi, alle scuole, ai mezzi ed alle strutture pubbliche era una chimera; anche i cosiddetti “matrimoni misti” erano illegali e solo nel ’65, finalmente, fu concesso il diritto di voto a cittadini americani che lavoravano, pagavano le tasse, erano chiamati alle armi per combattere, ma che valevano zero per gli Stati Uniti.

Per ottenerle ci vollero anni ed anni di mobilitazione dei movimenti per i diritti civili, ma anche di rivolte sanguinose nei ghetti neri, che videro impegnata persino la Guardia Nazionale in una repressione sanguinosa che fece vittime a decine.

Oggi sembrano assurdi episodi come quello celebre di Rosa Parks, un’attivista che, tornando a casa sul bus, rifiutò di cedere il posto a un bianco e per questo venne arrestata; ma allora erano la bandiera della disobbedienza civile contro leggi inique, tenacemente quanto ottusamente sostenute da vasta parte della società.

Da allora è passato molto tempo, ma i pregiudizi ed il razzismo sono tutt’altro che archiviati negli Usa: la National Urban League pubblica ogni anno The state of Black America, un rapporto sulla comunità afro-americana. Secondo i dati 2015, nell’indice generale di eguaglianza fra bianchi e neri, che pone i bianchi a valore 100, gli afro-americani si pongono a 72,2; ma per quanto riguarda l’accesso al lavoro l’indice precipita a 55,8 e quello della giustizia sociale si ferma a 64, segno di una società che, sotto la vernice ipocrita del politicamente corretto, rimane tenacemente segregazionista.

Il tema della discriminazione, per anni spazzato sotto il tappeto dai media, è tornato prepotentemente alla ribalta a causa delle ripetute violenze della polizia su giovani di colore; un comportamento che ha dimostrato un sistematico disprezzo ed una continua discriminazione delle forze di polizia nei confronti degli afro-americani.

Le uccisioni ripetute, per ragioni spesso futili, come a Ferguson, nel Missouri, ed in tanti altri luoghi, hanno causato massicci disordini riportando l’orologio indietro ai tempi delle rivolte nere; ma in realtà, per molti, troppi, quell’orologio non è mai andato avanti, fermandosi al tempo dei pregiudizi, della discriminazione e del razzismo.

Un esempio per tutti basta a dimostrare quanto ancora sia lontana una vera integrazione: a Ferguson, quando un anno fa avvenne l’omicidio del giovane di colore, i bianchi costituivano il 33% della popolazione, ma al consiglio comunale c’era solo un membro afro-americano.

Questa è l’America che s’atteggia a paladina della democrazia e della libertà.

di Salvo Ardizzone

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