Quando il malaffare diviene “cultura”
Il 27 marzo scorso, Giuseppe Scopelliti, Presidente della Regione Calabria, è stato condannato a sei anni di carcere per reati commessi quando era sindaco di Reggio; secondo la legge Severino viene automaticamente sospeso dalla carica; fin qui normale (nello squallore del fatto), ma ecco che per la Giunta di centro-destra e per il Consiglio regionale, tutt’altro che intenzionati ad abbandonare le poltrone, si apre una stucchevole telenovela in barba a ogni legge e normativa.
Inutile ripercorrere la storia, fatta d’incredibili omissioni e plateali forzature per far correre il tempo, diciamo solo che Consiglio e Giunta, con l’accordo pressoché generale fatta qualche eccezione, hanno nella sostanza ignorato la norma che imponeva senza indugio nuove elezioni.
I motivi veri di rimanere saldati alle poltrone, a parte il vitalizio, stanno in due ordini di ragioni: da un canto la paura nera d’affrontare una prova elettorale dopo la colossale sberla collettiva presa alle europee dai partiti della (ex) maggioranza di centro-destra; dall’altra il tentativo di gestire non solo una miriade di nomine di sottogoverno (peraltro bocciate tutte dall’Avvocatura dello Stato e dai Ministeri competenti), ma anche l’avvio dei nuovi bandi europei 2014–2020, un’irripetibile occasione per aggiustare appalti, contributi e consulenze per i soliti amici degli amici.
Cosi, uno dopo l’altro son passati i mesi, finché a luglio l’avvocato Gianluigi Pellegrino, che una battaglia simile se l’era già intestata e vinta nel Lazio mandando a casa Giunta e consiglieri, ha presentato un ricorso al Tar, chiedendo che venissero fissate immediatamente le elezioni. Passano altri due mesi, fra diffide e denunce che palleggiano le responsabilità su chi, fra Governo e Ministero dell’Interno, debba sbrogliare la matassa spinosa, quando il Tar emana un’ordinanza che intima, entro 10 giorni, di convocare le elezioni. Una tegola per Giunta e consiglieri, che con tutta probabilità, a novembre, dovranno presentarsi agli elettori, sempre che qualcuno non sortisca con qualche altra furbata.
Dire che questa storia sia vergognosa è poco; contiene tutta l’arroganza, lo sprezzo totale per la cosa pubblica trattata come propria, il senso d’impunità dalle leggi che si ritiene naturale piegare ai propri interessi, d’un ceto di politicanti corrotti, inetti e totalmente indifferenti alle sorti d’un territorio. Gente che è artefice primaria delle disgrazie di una terra piagata già di suo dalla delinquenza e da una classe dirigente che definire infima è poco.
Ciò che speriamo, ma è solo una speranza, è che alle prossime elezioni (che in un modo o nell’altro prima o poi arriveranno) gli elettori aprano una buona volta gli occhi, piantandola di dare il consenso a gente simile in cambio di promesse o di ricatti.