Ci sono volute pellicole di recente produzione per far salire all’onere della cronaca le pessime condizioni di lavoro che un capitalismo sempre più malato impone a coloro che hanno necessità impellente di lavoro. Ci sono voluti Ken Loach, Bong Joon-ho e Todd Philips per mostrare a tutti le pessime condizioni nella quale si ritrova un lavoratore qualunque che da un giorno all’altro si trova ad essere un ingranaggio all’interno di una macchina che stritola tutto e tutti.
Ken Loach con “Sorry, we missed you” ancor più che con “Io, Daniel Blake” ha dipinto in modo edulcorato da qualsiasi falsità le condizioni schiavistiche alla quale devono sottostare i lavoratori della logistica, ossia i corrieri che quotidianamente ci portano i pacchi che ordiniamo su Amazon. Un mondo del lavoro contrassegnato da crudeltà, arrivismo e burocrazia dove l’individuo è solo “materiale” umano da sfruttare ed infine gettare via non appena se ne presenta l’occasione.
Bong Joon-ho disegna un quadro dove la linea tra buoni e cattivi è così sottile da perdersi del tutto con l’andare avanti del film, il pluripremiato agli Oscar “Parasite” non fa prigionieri e rilascia uno spietato affresco su quella che è una lotta di classe dove è difficile delineare chi sia il vincitore e da che parte sia la ragione.
Capitalismo annulla la personalità
Anche in Joker, che ha visto Joaquin Phoenix premiato con l’Oscar come miglior attore protagonista, vi è un critica ferocissima alla società. Anche se ambientato negli anni ottanta, il film riesce ad essere una cartina tornasole della situazione attuale dove una società moloch divora tutto quello che si trova dinnanzi procurando alienazione, sofferenza e miseria. È in queste condizioni che il personaggio Joker prende vita. Un reietto della società che si fa agente del caos in un mondo prettamente organizzato dove tutto quello che non è programmabile diviene oggetto da escludere, delineando un mondo nella quale il personaggio vive una rassegnazione sotto la quale cova il fuoco della rabbia pronta ad esplodere.
Sembrerebbero storie da film, finzioni nella quale si cerca la sospensione dell’incredulità, ma ci si trova dinnanzi a storie di vita reale dove a vivere le problematiche messe sullo schermo non sono i bravissimi attori, ma gente comune che ogni mattina deve recarsi in posti di lavoro che annullano la loro personalità.
Allora, dove si trova la soluzione a tutto ciò? Parlare di “capitalismo etico” è un ossimoro difficile da digerire visto che l’etica capitalista ha degli obiettivi ben chiari. Minimo dispendio massimo profitto, allora è impossibile vedere qualcosa di etico in ciò, dove il lavoro può essere svolto da macchinari. Personale ridotto all’osso ma sfruttato sino alle estreme conseguenze. Il capitalismo come diceva Emanuele Severino va verso il tramonto non per le contraddizioni che il marxismo ha creduto di trovarvi, ma perché l’economia tecnologica va emarginando l’economia capitalistica.
Ed è questa la ragione per cui, secondo il filosofo, è da escludere che la crisi attuale, per lo più considerata nell’ambito del libero gioco del mercato, possa essere risolta semplicemente attraverso un risanamento di tipo economico, morale, religioso o politico.
di Sebastiano Lo Monaco