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Qanat: il miracolo ingegneristico dell’antico Iran

Qanat – L’altopiano iraniano è l’eredità di una civiltà che ha subito un’urbanizzazione per oltre 10mila anni, segnata da una lotta perenne per far fronte alle fluttuazioni delle precipitazioni nel corso della storia.
Il sito di Persepoli, Patrimonio dell’Umanità, è uno dei rari monumenti che offre uno spaccato della cultura e delle credenze degli antichi iraniani.

Incisa su una delle pareti, la più grande iscrizione conosciuta di re Dario il Grande recita: “Possa la terra dell’Iran essere protetta dai nemici, dalla siccità e dalle menzogne”. La scarsità d’acqua è stata una caratteristica permanente della storia iraniana e una forza molto importante nel plasmare il panorama socio-politico della società iraniana per molti secoli.

Fin dall’antichità, gli iraniani hanno dovuto adattarsi efficacemente alla vulnerabilità climatica, sviluppando alcuni sistemi avanzati di gestione idrica, il più importante dei quali è il canale sotterraneo o qanat.

Di fatto, l’Iran è uno dei pochi Paesi con una storia di stoccaggio e fornitura di acqua. I qanat furono inventati dagli antichi iraniani circa 3mila anni fa e si diffusero poi in altri Paesi, le cui tracce sono ancora visibili in Asia, Africa e Spagna, in Europa.

Due terzi dell’Iran costituiti da deserto o montagne

A partire dall’età del ferro, i persiani impararono a scavare acquedotti che portassero l’acqua dalle falde acquifere montane alle pianure aride. Due terzi dell’Iran sono costituiti da deserto o montagne. I deserti coprono oltre 300mila chilometri quadrati del Paese.

I tunnel di irrigazione che raccoglievano l’acqua da diversi strati di terreno sfruttando solo la gravità, permisero all’agricoltura di prosperare nell’arido deserto e a una delle più antiche civiltà del mondo di prosperare.

La struttura tipica di un qanat è quella di una serie di pozzi verticali simili a pozzi, tutti collegati da un tunnel in leggera pendenza. Questo attinge all’acqua di falda e la porta in superficie per gravità, eliminando così la necessità di pompaggio.

Sebbene i metodi siano semplici, la costruzione di un qanat richiede una conoscenza approfondita della geologia sotterranea e un certo grado di sofisticatezza ingegneristica. La pendenza del qanat deve essere attentamente controllata, poiché una pendenza troppo bassa non produce alcun flusso, mentre una pendenza troppo ripida provoca un’erosione eccessiva, con conseguente crollo del qanat.

È inoltre essenziale una conoscenza approfondita delle condizioni del terreno, la cui mancanza porta a crolli, che richiedono nel migliore dei casi estesi lavori di ristrutturazione e nel peggiore dei casi fatali per la squadra di operai. Per iniziare, i topografi dovevano trovare una fonte d’acqua elevata, di solito all’inizio di un’antica valle fluviale o persino in un lago scavato in una grotta, e poi scavare lunghe gallerie in pendenza dalla fonte d’acqua fino al punto in cui era necessaria.

La folle riforma agraria di Reza Shah Pahlavi

Secondo un’indagine, circa 37mila dei 120mila qanat antichi sono ancora in uso in tutto l’Iran.
Il declino di queste meraviglie ingegneristiche iniziò negli anni ’60 e ’70, quando l’ex monarca Mohammad Reza Shah Pahlavi avviò una riforma agraria. La suddivisione delle grandi proprietà terriere che si basavano sui qanat causò una serie di complicazioni amministrative e molti qanat caddero in rovina.

La successiva “modernizzazione”, caratterizzata da un eccessivo pompaggio idrico e dalla costruzione di dighe, nonché dal calo dell’uso dei qanat, ha lasciato l’Iran alle prese con una grave siccità idrologica.
Fortunatamente, c’è motivo di sperare. Di fronte a ricorrenti siccità di elevata intensità e durata, la Repubblica Islamica sta perseguendo con impegno il ripristino dei qanat e di altre strutture idrauliche storiche tradizionali per uno sviluppo sostenibile.

Ad esempio, l’articolo 35 del piano di sviluppo iraniano prevede il ripristino, la riparazione e il dragaggio dei qanat a un tasso annuo del 5%, nell’ambito delle politiche nazionali di gestione dei bacini idrografici e delle falde acquifere. Le moderne tecniche ingegneristiche possono migliorare l’efficienza e la capacità dei qanat, rendendoli una soluzione praticabile per l’approvvigionamento idrico sostenibile nelle aree che affrontano una grave carenza idrica.

Restauro dei qanat

Gli esperti affermano che il restauro dei qanat, oltre a preservare il prezioso patrimonio, migliorerà la resa agricola sostenibile e invertirà la migrazione degli abitanti dei villaggi, aumentando la soddisfazione di vita delle comunità locali.

Secondo le statistiche ufficiali, circa 60mila qanat sono in fase di restauro, il che può fornire oltre sette miliardi di metri cubi di acqua di falda all’anno al settore agricolo. Questo volume d’acqua recuperato tramite pompaggio richiede l’utilizzo di 800 megawatt di elettricità, che alcune centrali elettriche iraniane attualmente producono bruciando mazut.

I qanat drenano le acque sotterranee in modo naturale, senza utilizzare energia e senza inquinare l’ambiente. Consentono inoltre il trasporto dell’acqua su lunghe distanze, eliminando in gran parte il rischio di evaporazione, che rappresenta fino al 16% della capacità di stoccaggio dei bacini delle dighe nelle regioni soggette a stress idrico.

Il sistema acquifero sotterraneo ha anche il vantaggio di essere abbastanza resistente ai disastri naturali, come inondazioni e terremoti, nonché ai disastri provocati dall’uomo, come la distruzione in tempo di guerra e il terrorismo che compromette l’approvvigionamento idrico. Una revisione completa della gestione del bacino idrografico e delle falde acquifere non è una scelta, ma un obbligo per la resilienza dell’Iran di fronte alle sfide, e il sistema qanat – sebbene non sia una panacea – è una soluzione cruciale.
L’unica via da seguire è cambiare il nostro approccio, agire tempestivamente e imparare dagli errori del passato.

di Redazione

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