Report Palestina 2015: record delle detenzioni amministrative
Palestina – Il 2015 è stato l’anno con il più alto numero di detenzioni amministrative di palestinesi degli ultimi cinque anni. 460 arresti sono stati eseguiti a principio del 2015, il dato è sceso a 320 nell’estate (agosto) per aumentare nell’autunno, in concomitanza con i disordini dell’Intifada di Gerusalemme. A fine dicembre 2015 i detenuti amministrativi palestinesi erano 540. Le detenzioni amministrative sono raddoppiate nei tre mesi di scontri con 350 arresti, e il fenomeno è destinato ad aumentare.
La detenzione amministrativa è una pratica illegale in base alla quale un individuo è sequestrato e detenuto senza accusa né processo e il termine può essere esteso ad oltranza senza fornire alcun’informazione. Alla base di queste detenzioni c’è la presunzione della segretezza delle prove e non si accorda al detenuto alcun diritto alla difesa, fino a impedirgli di nominare o incontrare un avvocato… ancora sulla base della medesima presunta segretezza di informazioni. Dal 2000 le “autorità israeliane” hanno emesso circa 25mila ordini di detenzione amministrativa nei confronti di cittadini palestinesi senza distinzione di genere o età.
E’ il Comitato per gli Affari dei Detenuti e Prigionieri palestinesi dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) ad aver reso noto lo sconcertante dato sugli arresti condotti da Israele nel 2015.
Sarebbero 6830 i palestinesi privati dalla libertà nel 2015 e, come accade con quello sulle detenzioni amministrative, anche questo dato segna il record degli ultimi cinque anni. 2179 sono i minori palestinesi arrestati, 225 le donne. La pratica è aumentata del 12,7% rispetto al 2014, del 76,3% al 2013, del 77,5% al 2012 ed è più che raddoppiata in considerazione al 2011.
Gran parte degli arresti si sono consumati in Cisgiordania (4075) seguita da Gerusalemme (2353) e Striscia di Gaza con 232 operazioni. 170 i palestinesi arrestati all’interno dei confini della Palestina occupati nel 1948 (Israele). Il Comitato rivela inoltre che nel 100% dei casi i detenuti palestinesi sono stati sottoposti a forme di tortura di diverso grado.
Similmente al resto delle misure punitive individuali e collettive promosse da Israele a partire da ottobre scorso, anche negli arresti si è registrata un’impennata con 3285 casi (dai 35 ai 40 al giorno). Il dato equivale agli arresti condotti nei nove mesi che hanno preceduto il periodo di riferimento (ottobre 2015).
Le operazioni di cattura si svolgono nelle modalità più disparate; dalle incursioni notturne contro le abitazioni palestinesi (4474 nel 2015) ai fermi presso i checkpoint del caso. Così Israele ha arrestato 3175 palestinesi tra Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme. 704 bambini, 62 donne e tre giornalisti sono stati arrestati nel corso delle incursioni contro proprietà palestinesi. Del totale 1072 sono gerosolimitani (420 bambini, 2 anziani, 65 donne, 3 giornalisti).
Nel corso delle perquisizioni e dei sequestri di palestinesi, i militari israeliani hanno compiuto danni alle loro proprietà e altri atti come la devastazione delle abitazioni, l’appropriazione di denaro palestinese (definito dallo Stato di Israele “confisca”). Durante queste operazioni nel 2015 i militari israeliani hanno “prelevato” 15mila euro dai portafogli dei palestinesi.
Altro contesto in cui gli arresti fanno salire il dato complessivo è rappresentato dalla presenza dei numerosi checkpoint militari in terra palestinese. Si tratta di una prassi con cui Israele estende la propria presenza nelle aree palestinesi. Senza preavviso i suoi militari installano checkpoint temporanei per il controllo e la restrizione della libertà di movimento dei palestinesi. 234 palestinesi sono stati arrestati presso questi checkpoint nel 2015: 69 bambini e 15 donne. Stessa logica viene adottata dai militari israeliani al valico di Erez (Beit Hanoun), nella Striscia di Gaza, dove sofferenti, uomini d’affari, bambini e altre categorie di cittadini vengono puntualmente arrestati. E’ qui che durante l’anno 2015 si sono registrati di frequente episodi di pestaggio, ferimento e conseguente arresto di palestinesi.
Dalla privazione della libertà alla minaccia alla vita. Molteplici sono le situazioni in cui soldati, coloni e cittadini di Israele hanno attentato alla vita di palestinesi. L’autunno 2015 è stato segnato da un’ondata di aggressioni tra coloni, cittadini dello Stato di Israele e cittadini palestinesi. Esacerbata la psicosi sociale tra gli israeliani, anche il sindaco di Gerusalemme aveva invitato i concittadini a scendere in strada armati. Qualunque palestinese s’incrociasse per strada sarebbe stato sospettato di avere intenzioni omicide e quindi andava freddato. La difesa preventiva battezzata dalle autorità israeliane ha prodotto forme di giustizialismo estese, violente e arbitrarie. 142 palestinesi (27 bambini e 7 donne) sono stati assassinati nel solo mese di ottobre 2015, circa 16mila sono stati feriti.
Questi fatti, insieme a quelli delle manifestazioni settimanali contro l’occupazione e contro il Muro illegale e ai fatti collegati alla quotidianità (coltivare la propria terra, pescare, attraversare un checkpoint per raggiungere il posto di lavoro o la scuola, ecc.), sono motivo di provocazione e tensione. Puntualmente si concludono con il ferimento, l’ingiuria e altre forme di imposizioni arbitrarie e razziste. Oltre 3mila palestinesi, quasi 500 i bambini, decine di fotoreporter, attivisti internazionali e giornalisti, disabili, personale paramedico, esponenti politici, sono stati feriti dall’azione aggressiva e repressiva di israeliani (militari, coloni e civili) durante le proteste.
Nel 2015 non è stato da meno l’oltraggio contro la terra palestinese. Centinaia di alberi sono stati sradicati, in gran parte ulivi, per il capriccio di coloni israeliani o in forma di punizione preordinata dallo Stato di Israele. Altrettanti gli ettari di terra agricola palestinese danneggiati o confiscati per creare spazio alla colonizzazione illegale della Palestina. Abitazioni occupate e palestinesi sfollati, edifici abbattuti o incendiati come moschee e autovetture. E i roghi nel 2015 non hanno risparmiato nemmeno le persone. Si ricorda la famiglia Dawabsheh e il piccolo ‘Ali di 18 mesi. Inoltre, nel 2015 si sono denunciati più casi di tentato rapimento di minori palestinesi da parte di coloni israeliani.
Il controllo della terra prescinde dal controllo delle risorse ed è per questo che la stessa infausta sorte ha investito fonti di risorse vitali come l’acqua con l’appropriazione illegale di pozzi artesiani e la devastazione di strutture per l’agricoltura (stalle, magazzini, baracche, depositi ecc.). Queste operazioni hanno interessato per la maggior parte l’area intorno a Gerusalemme e Betlemme, quella che Israele sta gradualmente tentando di inglobare nella Grande Israele. Ma fatti di questa natura nel 2015 hanno “messo in ginocchio” anche il nord della Cisgiordania.
Nell’anno appena concluso non cambia il panorama palestinese; la Striscia di Gaza rimane isolata dal mondo, Gerusalemme viene assorbita nel tessuto urbano di Israele, la Cisgiordania subisce la presenza militare e quest’anno, con l’aggravarsi dell’azione dei coloni israeliani, i suoi abitanti hanno pagato un alto prezzo in termini di vite umane.
di Elisa Gennaro