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Se vi piacciono le persone… Vi piacerà l’Iran

Quando ho detto agli amici che sarei andato in Iran, sono stato bombardato di avvertimenti ai quali ho cercato di contrapporre risposte rassicuranti: “Ma sei matto? Lì c’è la guerra” (ma, veramente quello è l’Iraq…); “E se poi ti rapiscono?” (Ma quello è sempre l’Iraq, o magari la Siria…); “Ci sono gli attacchi kamikaze…” (Quelli purtroppo li fanno in Francia…). Poi le raccomandazioni: “Non guardare le donne”, “Non dire che sei un giornalista”, “Nascondi eventuali simboli cristiani”.

Il viaggio non è stato una passeggiata, ma per il ritardo accumulato a Fiumicino che ci ha costretto a una corsa folle attraverso l’aeroporto di Istanbul per recuperare il volo per Teheran. Per non arrivare impreparato ho comprato una guida della Lonely Planet. Nell’introduzione dice: “Tutto quello che credete di sapere dell’Iran è sbagliato… Al contrario di un popolo di oscurantisti scoprirete gente socievole, curiosa e aperta…”.

La ragazza che mi siede accanto in aereo mi chiede se sono italiano e mi dice che studia architettura a Firenze e che è della città di Isfahan. Quando viene annunciato l’inizio della discesa verso Teheran mi ha dato il numero di telefono dicendo che se avevo bisogno di qualcosa potevo chiamarla. Un punto a favore della Lonely Planet. Le dico delle preoccupazioni espresse dai miei familiari per il viaggio in Iran. Mi risponde che anche sua nonna, quando ha detto che andava a studiare in Italia, le ha detto: “Ma sei matta, lì c’è la Mafia!”…

Si arriva a Teheran

All’improvviso l’aereo si anima. Tutte le donne si sono raccolte in fretta i capelli e hanno tirato fuori dalle borse fazzoletti e foulard di ogni genere, coprendosi la testa. In Iran ci sono regole precise sul decoro. Una è che le donne devono avere il capo coperto, obbligo che viene soddisfatto in molte maniere diverse. In Iran ci sono circa venti etnie, con differenti culture e religioni.

Così si vedono donne vestite come suore e altre che portano un fazzoletto annodato come le nostre nonne e ragazze che portano eleganti pashmine appena appoggiate ai capelli raccolti dietro la testa con un lembo appoggiato su una spalla. Ci sono anche quelle vestite da ninjia, con il viso nascosto, ma sono arabe provenienti da uno dei due lati del golfo Persico. La regola dice anche che gambe e braccia devono essere coperte, il che in prevalenza si risolve con un jeans e una camicia fuori dai pantaloni.

La falsa narrazione occidentale

Ero convinto di essere un esperto di Paesi arabi e Islam, ma in Iran mi rendo conto che è tutto diverso. Dopo due giorni sento che manca qualcosa. Realizzo che non ho sentito mai la chiamata della preghiera. “Ma non pregate cinque volte al giorno?” chiedo. “No. Siamo sciiti. Noi solo tre volte”. Un iranologo mi aveva detto che la Persia non è né Oriente, né Occidente. Probabilmente è una definizione adatta. Gli iraniani sono indoeuropei, non arabi. E l’Islam sciita è veramente molto diverso da quello dei vari integralisti sunniti ai quali ci siamo abituati con legittimo sconcerto.

Questa è senza dubbio una “Repubblica Islamica”, nel senso che non c’è nulla che non venga ricondotto per la sua legittimità alla fonte legale suprema che è il Corano. Ho visitato una famosa clinica della fertilità, che via via si è tecnologicamente evoluta e attualmente realizza clonazioni animali e innesti di Dna umano e animale. Mi spiegano che così le capre producono un latte che può curare molte patologie umane. Chiedo alla dottoressa quali siano i limiti di legge alla procreazione assistita. L’eterologa si può fare e ci sono anche gli uteri in affitto.

I successi delle donne in Iran

Forse questa è la ragione per la straordinaria euforia tecnologica e scientifica di questo strano Paese, dove le donne si devono coprire i capelli ma sono il sessanta per cento dei laureati, fanno le ricercatrici e vincono premi di matematica e fisica in giro per il mondo.

Sulle libertà sessuali ci sono limiti, ma anche lì la questione non è semplice. E che le profonde differenze non siano tra società cristiana e società musulmana me lo precisa in modo molto animato l’arcivescovo Sebouh Sarkissian, primate della Chiesa armena in Iran. “Che c’entra il matrimonio tra omosessuali con il Cristianesimo?” mi chiede imperioso, come se il referendum irlandese fosse colpa mia. Nell’Islam c’è un muro che separa il privato dal pubblico, il dentro casa dal fuori casa.

Il docente universitario che mi fa da guida, mi porta in giro per caffetterie. Qui non si beve, ma almeno si può fumare. Ragazzi e ragazze si scambiano sigarette, si stringono la mano e si guardano negli occhi. Nei locali c’è musica moderna (che pensavo fosse vietata). “Se vi piacciono le persone… Vi piacerà l’Iran”.

di Marcello De Angelis

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