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Perchè i lettoni festeggiano l’ingresso nell’inferno?

di Mauro Indelicato

Che in Europa esistono i cosiddetti “media di regime” sembra proprio un dato assodato, se è vero che in Lettonia hanno danzato e festeggiato durante tutta la nottata che ha segnato il passaggio dal Latvi all’Euro.

Non basta la lezione greca, spagnola, italiana, portoghese, non basta vedere come l’Europa di oggi si è trasformata nella terra più improduttiva del pianeta, non basta far notare come negli ultimi vent’anni la forza produttiva del vecchio continente è scesa dal 35 al 7% dell’intero bilancio mondiale, i lettoni, anche se non tutti, sono cascati anche loro nell’abbraccio mortale dell’Euro, nel bacio di Giuda della moneta unica.

A Riga tutti a danzare, con il primo ministro pronto a farsi immortalare con la prima banconota dell’Euro estratta dal bancomat, coppiette felici che si baciavano con le nuove monete in mano ed in generale un paese che da oggi si sente “più moderno”.

Per la Lettonia, vale forse lo stesso discorso dell’Ucraina: più che l’amore per la bandiera blu a dodici stelle, a far festeggiare sono i sentimenti di rivalsa verso il periodo sovietico.

Si può ben comprendere perchè nel 1956 a Mosca, dopo la morte di Stalin, si è proceduto alla “destalinizzazione”; fu infatti il successore di Lenin ad ordinare, anche se georgiano, la “russificazione” delle repubbliche baltiche e dell’Ucraina, proibendo lingue, usi e costumi di quei popoli.

Un danno d’immagine, che ha costretto i successori di Stalin a smarcarsi dalla sua politica; ma soprattutto, tutto ciò ha segnato la nascita di contrasti etnici ancora oggi evidenti nella voglia di queste repubbliche di smarcarsi dall’est e “respirare” aria di ovest.

Ma qualcuno avvisi i lettoni, che l’aria nella parte ovest dell’ex muro di Berlino è diventata irrespirabile, che ben presto anche sulle rive del baltico potrebbe arrivare il marcio di un sistema che ha spento già l’area mediterranea; bisognerebbe far capire a Riga come l’Europa di oggi non sia affatto quella “terra promessa” che i media descrivono e come, soprattutto, si rischia che i festeggiamenti di giorno 1 segnino l’inizio della fine.

A quei popoli dell’est, scottati dall’appartenenza all’est, non mancherà comunque modo nei prossimi anni, di intuire il disastro combinato dall’ovest; appena da Francoforte si chiederanno sacrifici nel bilancio, appena si predicherà l’austerity, in molti rimpiangeranno la politica sociale e della bassa disoccupazione precedente al 1989.

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